Selam Mengadì ai migranti della Diciotti che venerdì erano a Roma ospiti di Baobab Experience
Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona aggravato per aver fatto trattenere a bordo della Diciotti i migranti salvati dalla Guardia Costiera al largo di Lampedusa, adesso non si dà pace perché questi circolino per Roma, pur non essendo stati fatti oggetto di alcun provvedimento restrittivo nei loro confronti.
In pratica, quello che in sostanza è un disguido burocratico delle istituzioni che Salvini rappresenta è adesso una colpa, l'ennesima, da attribuire agli “scheletrini che scappano dalla guerra”... come li ha definiti il ministro.
Vediamo di seguito i fatti narrati dai diversi protagonisti della storia, relativa ad alcuni migranti provenienti dalla Diciotti che, dopo aver lasciato il centro di Rocca di Papa, sono andati a Roma all'associazione Baobab.
La versione di Baobab Experience
Poco fa, mentre seguivamo le notizie provenienti dallo sgombero di via Raffaele Costi, 4 blindati, un bus e sette macchine della digos, sono arrivate al nostro presidio.
Agenti in tenuta antisommossa hanno caricato di forza 16 ragazzi sul bus mentre questi erano in fila per essere visitati dallo staff sanitario di Medici Senza Frontiere.
La polizia ha confermato di essere alla ricerca dei migranti sbarcati dalla nave Diciotti.
I sedici ragazzi ora sono all'ufficio immigrazione di via Patini insieme ad operatori legali e avvocati che impediranno l'operazione illegale che si vuole mettere in atto: costringerli a tornare al centro di Rocca di Papa.
In tutto questo, ancora non si sa se questi ragazzi erano effettivamente sulla nave, in quanto la polizia ha costretto a far salire sul bus le prime persone che si è trovata davanti.
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Sì: donne, uomini, bambini e minori non accompagnati migranti della nave Diciotti sono passati in questi giorni dal campo informale di Baobab Experience.
Non abbiamo niente da nascondere e, come ci ricorda la Caritas, non stiamo parlando né di fuggitivi né di ricercati.
Come i migranti della Diciotti e i tanti salvati in mare, come quelli delle imbarcazioni di fortuna che riescono ad arrivare sulle nostre coste, ne abbiamo incontrati a decine di migliaia negli ultimi tre anni.
Sono migranti “in transito”, l’Italia non è la loro meta ma una tappa del loro viaggio verso il ricongiungimento con parenti e la speranza di una vita migliore. Scappano da guerre, dittature, terrorismo, cambiamenti climatici, fame e povertà; partono a malincuore, sapendo di dover affrontare un viaggio rischioso, fatto di violenza, privazioni, torture e spesso morte.
Non abbiamo ritenuto rendere pubblica la loro sosta al nostro campo per proteggerli.
Proteggerli dalle dittature dalle quali fuggono, proteggerli dai media e dalla narrazione tossica con la quale spesso viene rappresentata la migrazione, proteggerli dal razzismo e dalla xenofobia dilaganti alimentate ad arte da chi vuole costruire consenso su una ingiustificata paura e proteggerli per garantire loro quello di cui ogni essere umano dovrebbe poter godere: la libertà di movimento.
Le storie, i racconti e gli sguardi, dei migranti della Diciotti sono uguali a tanti altri che abbiamo già visto; l’incredulità e la rabbia di fronte ad una legislazione italiana ed europea non all’altezza e profondamente ingiusta è loro come nostra. Ci sentiamo, assieme a tante donne e tanti uomini in Italia ed in Europa, loro complici e, assieme a loro, crediamo che la costruzione di un futuro migliore per tutte e tutti non possa che passare da atti di solidarietà concreta.
Se una cosa abbiamo imparato in questi anni è che le persone migranti, costrette ad abbandonare la loro terra e il loro paese, non chiedono aiuto ma chiedono rispetto.
Riconoscerli come esseri umani e rispettarli dovrebbe essere un dovere di tutti noi.
In tigrino, la lingua Eritrea “Buon viaggio” si dice “Selam Mengadì”: è un augurio che abbiamo sentito migliaia di volte, esattamente vuol dire “che sia un viaggio di pace”. È quello che auguriamo ai migranti e a tutte/i noi, perché sulla Diciotti c’eravamo tutti e il viaggio non è finito.
La versione di Medici Senza Frontiere
Questa mattina la Polizia di Stato ha portato via alcuni migranti mentre erano in fila per ricevere assistenza da parte di un’équipe MSF presso il presidio Baobab a Roma, dove si raccolgono migranti e rifugiati che non trovano accoglienza nei centri della città. Per MSF si tratta di un’inaccettabile violazione del diritto alle cure mediche.
“Ricevere cure mediche è un diritto universale riconosciuto anche dalle leggi italiane e impedirlo è una violazione grave e inaccettabile,” dichiara Anne Garella, capomissione MSF in Italia. “Le autorità italiane hanno tutto il diritto di identificare le persone presenti sul territorio italiano, ma lo spazio medico non può essere utilizzato in modo opportunistico per facilitare operazioni di polizia. Chiediamo rispetto per i pazienti e per l’attività dei nostri medici, anche quando operano in insediamenti informali”.
Nel corso dell’operazione, la polizia ha anche violato la confidenzialità medica scattando una foto alla scheda sanitaria di un paziente senza il suo consenso. MSF condanna queste violazioni e sollecita le autorità italiane a rispettare i diritti fondamentali delle persone indipendentemente da altri scopi.
“Stavamo svolgendo la nostra normale attività di assistenza quando sono arrivati degli agenti di polizia chiedendoci informazioni sui pazienti nonostante la confidenzialità medica. Ma noi non chiediamo alle persone chi sono e da dove vengono, la nostra unica priorità è garantire loro l’assistenza e le cure di cui possono aver bisogno” dichiara Giovanni Perna, operatore umanitario di MSF presente questa mattina durante l’operazione della polizia.
La versione di alcuni sindacati di Polizia (tratta da Il Fatto Quotidiano)
“I colleghi della Digos – spiega Filippo Bertolami, segretario generale della Polizia Nuova Forza Democratica – sono stati costretti a compiere un’operazione inutile e assolutamente speculare alle identificazioni di Catania. Eppure bastava dotare i migranti di un foglio con l’indicazione fotografica. Il centro di via Patini è ingolfato dalla presenza di stranieri fermati in due diverse e difficili operazioni”. “Sarebbe bastata – conclude Bertolami – una ragionevole operazione di intelligence: in questo modo, invece, stiamo solo trattenendo in Italia gente che se ne vuole andare, mettendo in difficoltà le forze dell’ordine”.
La versione di Matteo Salvini, ministro dell'Interno