Il passaggio generazionale è, senza alcun dubbio, un momento di crisi dell'azienda.

 Difficoltà, ansie, timori, rimpianti, stress coinvolgono emotivamente l’imprenditore, che si sente ancora più solo.

La tendenza naturale è quella di postergare, consciamente ed inconsciamente, il momento di confrontarsi con il problema.

Senza via di scampo, però, l’imprenditore si trova inevitabilmente ad affrontare, per desiderio o per necessità, il coinvolgimento di figli e/o nipoti nell'attività aziendale. 

Le motivazioni sono diverse: dalla necessità di garantire continuità all'impresa, dalla necessita di verificare le attitudini e competenze dei “ragazzi”, o più frequentemente solo “per farli lavorare”. 

A queste difficoltà, se ne aggiungono altre che vale la pena considerare.

 Un primo punto di riflessione nasce dal mutare di alcuni comportamenti sociali.

Una delle più controverse discussioni tra mondo accademico, funzionari governativi, sociologi, antropologi, psicologi e teologi è come definire la famiglia moderna. Discussione che si estende alle imprese familiari e a chi deve definire chiaramente chi ne fa parte per pianificare successioni e passaggio generazionale.

Quarant'anni fa la maggior parte degli imprenditori definiva la famiglia come la parentela dei consanguinei e dei coniugi consacrati nel matrimonio. L'attuale realtà demografica rappresenta una società con un declino del matrimonio, l’aumento della convivenza, l’aumentato numero di divorzi, di successivi matrimoni e figli di seconde e terze nozze.

La domanda che interessa fortemente l'impresa famigliare è: come definire la famiglia?

Ci si dovrebbe porre spesso questa fondamentale domanda, seguendo attentamente la dinamica della famiglia e come cambia nel tempo. 

Comunque, laddove si sia alla presenza di figli da seconde nozze pensare e progettare il passaggio generazionale è reso ancora più complesso.

 Un secondo punto da considerare è correlato all'evoluzione demografica.

L'uomo di oggi vive meglio in termini di salute, di ricchezza e la condizione generale della razza umana è la migliore di qualsiasi precedente epoca. Il risultato è che si vive più a lungo. 

E’ evidente che questo fatto complica la gestione delle aziende familiari.

L'impatto sulle imprese a conduzione familiare è enorme in termini di pianificazione del passaggio generazionale, che ora è ulteriormente complicato dal fatto che i membri della famiglia vivono più a lungo.

Secondo i dati dell’Osservatorio Asam (Associazione per gli studi aziendali e manageriali) l’età degli imprenditori italiani è così ripartita:

·         Il 20,7 % degli imprenditori ha più di 70 anni;

·         Il 32% è compreso nella fascia tra i 60-70 anni;

·         Il 26,8% è compreso nella fascia tra i 50-60 anni;

·         Il 5,2% è compreso tra i 40-50 anni;

·         Il 5,2% è compreso tra i 30-40 anni.

Quindi il 52,7% delle aziende familiari italiane è governato da ultra sessantenni che sono o saranno, a breve, impegnati nella situazione di più elevata criticità della vita dell’azienda.

 E ancora, un altro aspetto che complica la situazione è l’accentuata differenza generazionale.

Negli Stati Uniti ci si trova di fronte ad una nuova realtà che vede più generazioni (fino a 5 generazioni) a confronto nella stessa azienda familiare. In Italia la situazione si limita al massimo a tre generazioni e solo nel 15% delle aziende familiari (l’altro 85% delle aziende familiari italiane svaniscono prima della terza generazione).

Ogni generazione ha la propria visione, le proprie percezioni, il proprio stile di comunicazione, che la caratterizzano. 

Il risultato è una vera "Torre di Babele", in cui ogni generazione ha le proprie difficoltà a capire, a comunicare e lavorare con gli altri. 

Le aziende famigliari devono prestare particolare attenzione a creare un flusso empatico che permetta di comprendersi tra le diverse generazioni.

Potere dei coniugi. 

Qualche tempo fa, il Dott. Leon Danco nel suo classico libro Beyond Survival, ha avvertito che la mancanza di attenzione dei leader di aziende familiari, ai congiunti e ai coniugi è il metodo più veloce per distruggere l’impresa familiare. 

Con più generazioni in azienda, con la crescente complessità dei ruoli familiari, il punto sollevato da Danco è ancora più importante. 

Oggi i coniugi vogliono essere informati, si aspettano di essere coinvolti, e sono più determinati nell'esprimere le loro opinioni. 

Ammettiamolo, l'impresa famigliare influenza enormemente tutti i rapporti all'interno della famiglia stessa e l’insoddisfazione di un componente della famiglia può gravemente influenzare ogni rapporto.

La mancanza di comunicazione e di spiegazione ai coniugi circa l'attività genera malintesi che si possono tradurre in relazioni difficili con il rischio dell’insorgere di gravi problemi.

Nella realtà italiana, in molte aziende familiari il coniuge collabora attivamente in seno aziendale. Una delle problematiche che hanno un enorme impatto sull'azienda è la crisi del rapporto coniugale e la separazione. Inoltre spesso la separazione coincide con il sorgere di una nuova situazione di coppia che genera situazioni difficili, a volte, insostenibili, anche in seno all'azienda. 

In un paio di casi mi sono trovato in situazioni simili, dove la soluzione suggerita è stata quella di allontanare il coniuge non fondatore dalla vita aziendale. Questo caso apre la problematica del reperimento di capitale per l’eventuale liquidazione del socio allontanato.

 Il ruolo di un esperto esterno può essere molto utile, all'impresa famigliare, per superare con successo una situazione resa ancor più difficile dai differenti limiti che al termine “famiglia” sono dati.

Le inevitabili criticità coinvolgono soprattutto aspetti emotivi ed affettivi con conseguente impatto nei comportamenti e nei rapporti interpersonali.

Molti professionisti concentrano l’attenzione su aspetti razionali, tecnici, amministrativi, legali, formativi, conoscitivi. Giusto poiché tali aspetti sono indispensabili per pianificare e realizzare un passaggio generazionale di successo.
Ho vissuto tre anni in una azienda padronale che si avvicinava al momento di pensare al futuro. L'imprenditore è una geniale ed intraprendente Signora. Ha due figli maschi, è una Mamma.
Le implicazioni di carattere affettivo, relazionale, emotivo sono enormi. Inevitabilmente la pura ratio svanisce e l'emotività prende, altrettanto inevitabilmente, il sopravvento. 
Un aiuto lo può dare, nella prima fase, un personaggio che sia accettato dall'imprenditore per la sua autorevolezza. 
Autorevolezza professionale certo ma soprattutto come persona con cui aprirsi, con cui parlare delle ansie, timori, perplessità, emozioni. 
Che abbia quindi la possibilità di porre domande (qualsiasi tipo di domanda) alle quali viene data una risposta, che contiene, solitamente, gli elementi necessari per fare riflettere, prendere coscienza e fare decidere l'imprenditore.
A mio avviso questa è la grande sfida.

L’incertezza di poter contare di ricambio generazionale e la difficoltà di valutare ipotesi alternative, genera stati d’ansia depressiva. 

Per esperienza, a questa domanda ogni imprenditore cui si pone, risponde o semplicemente che vale la regola dei soli consanguinei o, per chi dà un significato più allargato al termine famiglia, ci devono pensare e discuterne con i membri la famiglia stessa.