«Noi siamo quelli che hanno consentito al Paese di fare uno scatto in avanti sul fronte dei diritti, rendendo possibili le unioni civili – e avremmo votato anche la step child adoption. Così come voteremo il testamento biologico, quando e se arriverà in aula. E siamo quelli che hanno contribuito a mettere in sicurezza i conti pubblici, votando il Def senza essere in maggioranza, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa perché la casa è un patrimonio da difendere per i ricchi come per i poveri, la riduzione dell’Irap, il superammortamento per gli investimenti, la rottamazione delle cartelle.

E poi: siamo stati leali con Letta, con Renzi e anche con Gentiloni, nonostante la sua costante indifferenza.
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E per quel che mi riguarda, ma lo dico a titolo strettamente personale, io sarei pronto a votare lo ius soli anche domani, in coerenza con quanto già fatto per la legge sui minori non accompagnati.
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Si è infatti detto e scritto che una norma di questa riforma è stata realizzata per consentirmi di essere candidato all’estero. E’ solo una delle tante stupide falsità dette sul mio conto. Io non so se mi ricandiderò, ma se lo farò sarà sicuramente in Italia. Semmai un giorno – e non lo auspico – il Veneto o la Lombardia conquistassero l’indipendenza, forse potrei candidarmi là, per battermi, da vecchio repubblicano, per l’Unità d’Italia.»

Quello sopra riportato è una parte del discorso pronunciato da Denis Verdini al Senato il 26 ottobre 2017 prima di dare la fiducia per approvare l'attuale legge elettorale, denominata Rosatellum, con cui si voterà il 4 marzo.


E dopo tali parole, è comprensibile l'amarezza di Verdini per non aver visto candidato il suo gruppo nell'alleanza che vede il Pd presentarsi alle politiche del 2018 insieme a tanti ex berlusconiani. Ed era già pronto anche il simbolo, quello storico dell'edera repubblica, da apparentare ad Ala in modo offuscare e rendere meno visibile la presenza dei "verdiniani". Ma non è accaduto!

Dopo aver fatto da cerimoniere nel patto del Nazareno, Verdini si era schierato con Renzi supportandolo, de visu e dietro le quinte, in tutti i modi possibili ed immaginabili. Risultato? Zero. Neanche un grazie!

E secondo quanto ha riportato Il Fatto, Verdini non l'ha presa per nulla con filosofia: «Ho accumulato tantissima amarezza, Renzi è un ingrato, non doveva rifiutarci l’apparentamento, a maggior ragione dopo che gli avevo ribadito il mio ritiro. Più che per me, mi dispiace soprattutto per voi che mi avete seguito e avuto fiducia in me», riferendosi ai suoi colleghi del gruppo parlamentare.

Insomma, Verdini ha creduto a Renzi e Renzi lo ha gabbato, perché ha ritenuto che la presenza dei suoi in lista (e non è da escludere che Verdini un pensierio ad un seggio lo avesse comunque fatto) avrebbe causato un ulteriore calo di consensi.

E adesso a Verdini, che si ritrova ad affrontare inchieste, processi e condanne per reati che vanno dalla corruzione e dalla bancarotta alla truffa senza uno straccio di scudo parlamentare, non resta che accodarsi in riva all'Arno accomodandosi tra le fila numerose di chi, dopo le elezioni di marzo, spera di veder passare il cadavere di Renzi, fatto fuori dai suoi stessi pretoriani per non esser stato in grado di garantir loro uno straccio di scranno, a causa del disastro elettorale del Partito Democratico.

E come curiosità, in riva all'Arno - presso cui ci sono rimasti solo posti in piedi in quarta o quinta fila, vista la folla accorsa - è da segnalare pure la presenza dell'ex presidente dell'Ars, Crocetta, professatosi renziano in extremis e puntualmente fatto fuori dallo "statista" di Pontassieve dopo la promessa di un apparentamento con una sua lista locale.

Crocetta, intervistato a La7, ha detto di non essersela presa, accettando senza drammi la decisione del segretario del suo partito, subito dopo da lui descritto in questi termini: «Renzi è un serial killer. È solo il lato B di Berlusconi.»