Il premier spagnolo Sanchez, questo lunedì è andato in visita a Barcellona, dopo le manifestazioni e gli scontri degli ultimi giorni.

Il premier si è recato nella sede della polizia catalana e nei due ospedali dove sono ricoverati gli agenti feriti negli scontri.

Successivamente, Sanchez, che era accompagnato dal ministro dell'Interno, è tornato a Madrid senza incontrare la rappresentanza del suo governo presente nella capitale catalana e senza incontrare neppure Joaquim Torra, l'attuale presidente della Generalitat de Catalunya, il sistema amministrativo-istituzionale che governa la regione.

Per Sanchez, con la visita a Barcellona era sufficiente dimostrare di condannare la violenza, di manifestare sostegno alle forze di sicurezza che la combattono ed evitare che si ripetano disordini.

Benissimo. Però il premier socialista si è dimenticato che quanto accaduto nei giorni scorsi non è stato frutto di un ghiribizzo del momento, ma di una situazione che milioni di persone hanno interpretato come un venir meno al rispetto dei diritti umani, civili e politici dei cittadini catalani.

E dello stesso parere è anche il presidente Torra, che già nei giorni scorsi aveva scritto alla Moncloa per organizzare un faccia a faccia con Sanchez e oggi ha ricordato al premier spagnolo che l'assenza di dialogo, l'imposizione del silenzio e la repressione della libera espressione favoriscono fratture sociali e deterioramento della convivenza civile e che tra le sue responsabilità c'è anche quella di promuovere il dialogo tra coloro che hanno opinioni diverse.

"Non offrire sbocchi democratici alla situazione catalana è un sintomo di involuzione in uno Stato moderno dell'Unione europea", ha poi aggiunto il presidente Torra.