Il dibattito pubblico è oggi particolarmente acceso intorno ai temi della ripresa dell'occupazione, della crisi demografica e delle migrazioni. Nel confronto si osserva frequentemente una logica binaria (più natalità o più immigrazione; bisogni sociali e delle famiglie o bisogni del sistema produttivo; più sostegno all'occupazione o contrasto della povertà, etc.), ma è sempre più chiaro che solo una combinazione di interventi, secondo l'individuazione delle priorità e una loro implementazione nel medio e lungo periodo, potrà rispondere alle sfide.Si tratta di questioni che, in tutta evidenza, non possono essere trattate distintamente ma tenendo in considerazione le relazioni reciproche, le eventuali sinergie, in un'ottica auspicabile di integrazione delle politiche che punti a contrastare lo squilibrio demografico e a estendere e qualificare l'occupazione, anche valorizzando l'indispensabile contributo dell'immigrazione.Oltretutto demografia, lavoro, migrazioni richiamano la sfera dei diritti sociali e individuali, la libertà di scelta dei cittadini, le opportunità di autorealizzazione che vanno considerate anche sullo sfondo di un intervento, come nel presente paper, che si concentra sui processi sociali più ampi. Non va dimenticato che il lavoro e la libertà personale e sociale dei cittadini sono al centro dei principi costituzionali, in una cornice di diritti lungimirante che non a caso tutela anche l'emigrazione, la libertà della residenza, oltre a garantire protezione politica e umanitaria a chi proviene dall'estero.Come dovrebbe insegnare l'approccio a problemi complessi di livello globale, ad esempio il contrasto della crisi climatica, gli interventi devono rispondere a una logica di integrazione, prevedendone gli sviluppi nel tempo, considerando le finestre di opportunità che possono rendere essenziali alcune misure oggi per avere effetti domani e altre misure immediate che possono preparare e consolidare il terreno.In questa ricerca proseguiamo una riflessione già avviata, analizzando anzitutto i dati demografici attuali e le previsioni della popolazione nel medio e lungo periodo. Oltre al calo complessivo di popolazione, va evidenziata la drastica diminuzione in termini assoluti della componente in età da lavoro soprattutto nei prossimi vent'anni.Parallelamente analizziamo i dati sulle migrazioni nel nostro Paese, illustrandone i segni di consolidamento, ben lontani dalla crescita più sostenuta dei primi anni Duemila. Al contrario, anche per la popolazione straniera i dati lasciano intravedere processi di invecchiamento relativo, che ovviamente vanno di pari passo con i moderati flussi di ingresso che hanno segnato almeno il passato quinquennio, e con il consolidamento della presenza sociale degli immigrati (seconde generazioni, acquisizioni di cittadinanza, etc.).

Questa è l'introduzione dell'istant Paper "L'Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria" di Beppe De Sario e Nicolò Giangrande pubblicato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio.

La diminuzione della popolazione – si afferma nel report - è un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro. Le previsioni probabilistiche a vent'anni (2043) segnalano una drastica riduzione della popolazione residente di oltre 3 milioni rispetto a oggi, come risultato di una diminuzione dei più giovani (-903 mila) e delle persone in età di lavoro (-6,9 milioni) e di un aumento degli anziani (+4,9 milioni).

La crescita della popolazione si è arrestata, con il saldo naturale è negativo, mentre il saldo migratorio è positivo, ma non sufficiente a compensare quello naturale. Un apporto aggiuntivo al saldo migratorio di +150 mila persone all'anno consentirebbe in vent'anni di mitigare la diminuzione della popolazione totale e ridurrebbe il calo previsto della popolazione attiva.

"Un livello insostenibile - ha dichiarato il presidente della Fdv Fulvio Fammoni - che se non contrastato con interventi immediati prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare".