Circa una settimana fa, l'arcivescovo di Monaco e Frisinga, il cardinale Reinhard Marx, aveva reso noto di aver presentato al Papa Francesco le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco e Frisinga per la strada intrapresa  dalla Chiesa cattolica per combattere gli abusi sessuali, in cui aveva visto una tendenza ad escludere quelle che lui aveva definito cause sistemiche.

Oggi, papa Francesco ha reso pubblica a sua volta la risposta alla richiesta del cardinale Marx, respingendone le dimissioni ed invitandolo ad impegnarsi, come da lui proposto, in favore di un rinnovamento spirituale della Chiesa.

Questa la lettera del Papa:

Santa Marta, 10 giugno 2021Caro fratello, prima di tutto grazie per il tuo coraggio. È un coraggio cristiano che non teme la croce, non teme di umiliarsi di fronte alla tremenda realtà del peccato. Così ha fatto il Signore (Fil  2, 5-8). È una grazia che il Signore ti ha dato e vedo che tu la vuoi accettare e custodire perché dia frutto. Grazie.Mi dici che stai attraversando un momento di crisi, e non solo tu, ma anche la Chiesa in Germania lo sta vivendo. Tutta la Chiesa sta in crisi a causa della questione degli abusi; ancora di più, la Chiesa oggi non può compiere un passo avanti senza accettare questa crisi. La politica dello struzzo non porta a niente, e la crisi deve essere accettata a partire dalla nostra fede pasquale. I sociologismi, gli psicologismi, non servono. Accettare la crisi, personale e comunitaria, è l’unico cammino fecondo perché da una crisi non si esce da soli ma in comunità, e inoltre dobbiamo tener conto che da una crisi si esce o migliori o peggiori, ma mai uguali.Mi dici che dallo scorso anno stai riflettendo: ti sei messo in cammino, ricercando la volontà di Dio con la decisione di accettarla qualunque essa sia.Sono d’accordo con te nel definire catastrofe la triste storia degli abusi sessuali e il modo di affrontarla che ha adottato la Chiesa fino a poco tempo fa. Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo di vivere la fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo compiere. Dobbiamo farci carico della storia, sia personalmente sia comunitariamente. Non si può rimanere indifferenti dinanzi a questo crimine. Accettarlo presuppone entrare in crisi.Non tutti vogliono accettare questa realtà, ma è l’unico cammino, perché fare “propositi” di cambiamento di vita senza “mettere la carne sulla brace” non porta a nulla. Le realtà personali, sociali e storiche sono concrete e non devono accettarsi con idee; perché le idee si discutono (ed è bene che sia così), ma la realtà deve essere sempre accettata ed esaminata. È vero che le situazioni storiche devono essere interpretate con l’ermeneutica dell’epoca in cui sono avvenute, ma questo non ci esime dal farcene carico e dall’accettarle come storia del “peccato che ci assedia”. Pertanto, a mio giudizio, ogni Vescovo della Chiesa deve accettarlo e domandarsi: che devo fare di fronte a questa catastrofe?Il “mea culpa” davanti a tanti errori storici del passato lo abbiamo fatto più di una volta dinanzi a molte situazioni anche se non abbiamo partecipato di persona a quella congiuntura storica. E questo stesso atteggiamento ci viene chiesto oggi. Ci viene chiesta una riforma, che — in questo caso — non consiste in parole, ma in atteggiamenti che abbiano il coraggio di entrare in crisi, di accettare la realtà qualunque sia la conseguenza. E ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa l’hanno fatta uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore. È l’unico cammino, altrimenti non saremo altro che “ideologi di riforme” che non mettono in gioco la propria carne.Il Signore non ha mai accettato di fare “la riforma” (mi si permetta l’espressione) né con il progetto fariseo, né con quello sadduceo o zelota o esseno. Ma l’ha fatta con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne sulla croce. E questo è il cammino, quello che tu, caro fratello, accetti nel presentare la rinuncia.Dici bene nella tua lettera che seppellire il passato non ci porta a nulla. I silenzi, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni conducono solo al fallimento personale e storico, e ci portano a vivere con il peso di “avere scheletri nell’armadio”, come recita il detto.È urgente “esaminare” questa realtà degli abusi e di come ha proceduto la Chiesa, e lasciare che lo Spirito ci conduca al deserto della desolazione, alla croce e alla risurrezione. È il cammino dello Spirito quello che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è la confessione umile: ci siamo sbagliati, abbiamo peccato. Non ci salveranno le inchieste né il potere delle istituzioni. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa che tende a dissimulare i suoi peccati; non ci salverà né il potere del denaro né l’opinione dei media (tante volte siamo troppo dipendenti da questi). Ci salverà la porta dell’Unico che può farlo e confessare la nostra nudità: “Ho peccato”, “abbiamo peccato”… e piangere e balbettare come possiamo quell’“allontanati da me che sono un peccatore”, eredità che il primo Papa ha lasciato ai Papi e ai Vescovi della Chiesa. E allora sentiremo quella vergogna guaritrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che ci è sempre vicino. Come Chiesa dobbiamo chiedere la grazia della vergogna, e che il Signore ci salvi dall’essere la prostituta spudorata di Ezechiele 16.Mi piace come concludi la lettera: «Continuerò con piacere ad essere prete e vescovo di questa Chiesa e continuerò ad impegnarmi a livello pastorale sempre e comunque lo riterrà sensato ed opportuno. Vorrei dedicare gli anni futuri del mio servizio in maniera più intensa alla cura pastorale e impegnarmi per un rinnovamento spirituale della Chiesa, così come Lei instancabilmente ammonisce».E questa è la mia risposta, caro fratello. Continua quanto ti proponi, ma come Arcivescovo di Monaco e Frisinga. E se ti viene la tentazione di pensare che, nel confermare la tua missione e nel non accettare la tua rinuncia, questo Vescovo di Roma (fratello tuo che ti vuole bene) non ti capisce, pensa a quello che sentì Pietro davanti al Signore quando, a modo suo, gli presentò la rinuncia: “allontanati da me che sono un peccatore”, e ascolta la risposta: “Pasci le mie pecorelle”.Con affetto fraterno,
Francesco


Così il cardinale Marx ha successivamente commentato la lettera del pontefice:
 
“La risposta del Santo Padre mi ha sorpreso. Non mi aspettavo che avrebbe reagito così rapidamente e non mi aspettavo la sua decisione di permettermi di continuare il mio servizio come arcivescovo di Monaco e Frisinga. Sono commosso dai contenuti e dal tono molto fraterno della sua lettera e sento quanto capisca e abbia accolto la mia richiesta. In obbedienza accetto la sua decisione come gli ho promesso.Per me e per il nostro lavoro congiunto nell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga, questo significa anche considerare quali nuove strade possiamo percorrere - anche di fronte a una storia di vari fallimenti - per annunciare e testimoniare il Vangelo. Nelle prossime settimane rifletterò su come potremo insieme contribuire ancora di più al rinnovamento della chiesa, qui nella nostra arcidiocesi e nel suo insieme; perché il Papa riprende molto di quanto gli ho accennato nella mia lettera e ci dà suggerimenti importanti. Rimane quello che ho sottolineato anche nella mia dichiarazione: che devo assumermi una responsabilità personale e anche una 'responsabilità istituzionale', soprattutto nei confronti delle persone colpite, la cui prospettiva deve essere inclusa ancora di più.Trovo la decisione del Papa una grande sfida. Dopodiché, il semplice ritorno alla consuetudine quotidiana non potrà essere la strada da seguire né per me e nemmeno per l'arcidiocesi”.