Economia

Il reddito è della famiglia e non della persona fisica

Nei mesi di Maggio – Giugno quasi tutti gli italiani hanno un appuntamento verso il fisco che si risolve con l’ invio della dichiarazione dei redditi ed il pagamento dei saldi risultanti.

Purtroppo ogni volta emergono in maniera sempre più evidente disparità di trattamento derivanti dal  metodo di tassazione che non riconosce il ruolo della famiglia come soggetto economico  dove accertare l’ effettiva capacità contributiva (Art. 53 della Costituzione) ma considera solo i redditi della   persona fisica .

La famiglia oggi esiste nelle forme più diverse ed è a tutti gli effetti una società “di fatto” dove la maggioranza delle spese sostenute (affitto, mutuo, bollette, condominio, vitto, auto, etc.) sono comuni alle persone che ne fanno parte e vengono pagate usando in maniera indistinta i redditi disponibili. Normalmente è composta da più persone anche non parenti e solo nei casi di “single” che abitano e vivono da soli si identifica con la persona fisica.

Nel seguito riporto alcuni casi ricavati da situazioni reali dove ho modificato i numeri per facilitarne la comprensione ed il confronto. Sono dati relativi ad una famiglia tipo composta da due adulti e un figlio minore di 21 anni che non influisce sui conteggi IRPEF perché riceve l’assegno unico universale pagato da INPS.

Caso 1: Una famiglia con due redditi da lavoro dipendente  rispettivamente di 50.000 e 12.500 euro/anno. Il metodo attuale individua una condizione di no tax area (IRPEF=0) per il reddito basso e una tassazione ordinaria per quello più alto. È però evidente che la famiglia può vivere in condizioni di benessere con il solo reddito maggiore  e il secondo reddito  è assolutamente  migliorativo della capacità contributiva e quindi può essere imponibile . Se per caso si dovesse sommare ai 50.000 euro sarebbe tassato al 43%.

Caso 2: Due famiglie  con redditi da lavoro dipendente una monoreddito di 50.000 euro e l’altra con due redditi da 25.000. Si tratta del confronto di due capacità contributive uguali dove però il prelievo fiscale è molto maggiore (+ 9.000 euro/anno) per quella monoreddito . Spostandosi verso redditi più bassi (tipo uno da 25.000 e due da 12.500) la maggior tassa per il monoreddito  è di 2.400 ero/ anno e in questo caso si parla di soldi necessari per vivere.

Caso 3: Una famiglia con uno o due redditi da lavoro dipendente o da pensione tali da assicurare un complessivo molto maggiore di 50.000 euro e possiede alcuni (3) appartamenti affittati ( caso frequente in quelle ad alto reddito ) . Nell’ipotesi ricorrente di canone concordato il reddito aggiuntivo di 18.000 euro/anno circa   viene tassato con cedolare secca al 10% contro aliquote molto maggiori e ampiamente sostenibili se si applicasse la tassazione ordinaria .

Caso 4: Una famiglia composta da due pensionati con redditi rientranti nella no tax area (12.500 euro/anno), ma con 500.000 di euro depositati in banca che rendono 25.000 euro/anno  .In una vita è possibile accumulare capitali importanti provenienti da eredità mobiliari ed immobiliari ,trattamenti di fine rapporto , risparmi e reinvestimento di cedole/ dividendi e operazioni finanziarie ad alto profitto .Nelle attuali regole i redditi da capitale tassati alla fonte (12,5% per i Titoli di stato e 26% per il resto) non vengono tenuti in conto in nessuna forma e quindi la famiglia in esame  pur disponendo di una situazione reddituale e patrimoniale da “ricchi “in pratica non paga IRPEF .

Caso 5: Due famiglie monoreddito da 50.000 euro derivanti in un caso da lavoro dipendente e nell’altro da lavoro autonomo (64.000 euro di volume di affari per un’attività libero professionale pluriennale, gestita in regime forfettario  con coefficiente di redditività  del 78%). Applicando la flat tax del 15% il prelievo fiscale sul reddito da lavoro autonomo è di 7.500  euro mentre su quello da lavoro dipendente è di 15.230 euro. Anche se siamo ad un livello di discreto benessere la differenza di 600 euro al mese è troppa e se sono giusti i 15.230 provenienti dalla tassazione ordinaria allora sono molto sbagliati i 7.500.

Le varie situazioni presentate possono essere variate facendo infinite combinazioni ma la sostanza è che nell’attuale sistema di tassazione IRPEF esistono importanti difformità che devono essere risolte con una riforma globale  ( e non con piccoli aggiustaggi disseminati qua e là generanti più iniquità che vantaggi ) fondata sui concetti ben definiti negli articoli 3 e 53 della Costituzione oggi attuale più che mai :

  • È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini
  • Tutti devono contribuire alle spese che lo Stato sostiene per loro
  • Il prelievo fiscale deve essere basato sulla loro capacità contributiva
  • Il metodo di tassazione deve contenere un criterio di progressività

In altre parole “la legge è uguale per tutti”, se c’è reddito qualcosa si paga sempre, occorre valutare correttamente la capacità contributiva  complessiva indipendentemente dalla sua provenienza e infine, al crescere del reddito ,le aliquote aumentano perché’ si va a tassare il “superfluo” che si colloca oltre il “necessario”.

Oggi lo strumento per accertare la  situazione reddituale di una famiglia esiste già  è l’ISE  che applicando criteri di equivalenza diventa indicatore della situazione economica personale (ISEE). Fatte alcune piccole modifiche,  l’ISEE può rappresentare il punto di partenza della dichiarazione dei redditi definendo un  imponibile complessivo ripartito sui componenti della famiglia.

Tutte le anomalie dei casi esposti sopra sarebbero risolte con equità e  forse maggior gettito prelevato dove si può fare.

Fatta questa grossa modifica occorre anche intervenire sulla quantità smisurata di deduzioni e  detrazioni procedendo a:

  • Rivisitare le deduzioni dal reddito ammettendo solo quanto obbligatorio per legge ed eliminando tutto il resto.
  • Ridurre e rimodulare le detrazioni  stabilendo che il totale non può andare oltre il 50% dell’ imposta calcolata cioè la metà si paga sempre e quanto non detratto viene esteso alle dichiarazioni successive

Non sono sicuro che chi si sta occupando oggi di riforma fiscale sia a conoscenza di tutte queste difformità e stia preparando una nuova legge per risolverle. Ovviamente dal cambiamento ci sarà chi trae vantaggi dalle nuove regole e chi dovrà pagare più tasse . Questo secondo caso potrebbe generare la perdita di consenso politico che, ormai, è alla base di ogni decisione .

Autore Edoardo bruno
Categoria Economia
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