Sempre più giovani a rischio Alzheimer. Ecco le cause
Aumentano i casi giovanili di Alzheimer. Infatti, nonostante l'Alzheimer sia una malattia che colpisce maggiormente gli anziani, persone oltre i 65 anni, è sempre più frequente (con una percentuale compresa tra il 5% e il 10%) che possa insorgere anche nelle persone tra i 35 anni e i 60 anni di età.
Così si è espresso sull'argomento Salvatore Cuzzocrea, professore ordinario di Farmacologia all'Università di Messina:
«L'Alzheimer a esordio giovanile include principalmente le forme familiari che presentano una notevole compromissione della memoria episodica. Rispetto ai malati in età senile, le persone affette da Alzheimer precoce sono meno colpite da malattie cerebrovascolari, renali e cardiache.
Il minimo comune denominatore della malattia è però lo stesso, e così tra le caratteristiche cliniche proprie dei pazienti con malattia giovanile ritroviamo deficit delle funzioni esecutive e deficit della produzione verbale, che si associano alla perdita della memoria a breve termine.
Alcuni pazienti presentano poi un'importante compromissione del processo visivo di individuazione e percezione degli oggetti.
Numerose evidenze oggi dimostrano un'associazione tra malattie neurodegenerative e neuroinfiammazione che può avere inizio tempo prima che si abbia una perdita significativa della popolazione neuronale.
Il processo neuroinfiammatorio è caratterizzato da interazioni di tipo immunitario che determinano l'attivazione di microglia, astrociti, mastociti residenti nel sistema nervoso centrale, citochine, chemochine e relativi processi molecolari.
L'attivazione di questo pool di cellule non-neuronali rappresenta la vera causa del danno degenerativo a carico del neurone.
L'insorgenza di fenomeni neuroinfiammatori rappresenta dunque un primo campanello d'allarme e nel contempo una finestra temporale sulla quale iniziare ad agire.
Recenti studi hanno sottolineato come la molecola PeaLut (ultramicrocomposito PeaLut, palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina) sia in grado di modulare l'azione delle cellule non-neuronali e l'effetto dello stress ossidativo migliorando le funzioni cognitive e i disturbi comportamentali dei pazienti.
Da ciò consegue che il moderno intervento terapeutico deve focalizzarsi su rimedi in grado di contrastare la neurodegenerazione modulando l'attivazione delle cellule non-neuronali residenti nel sistema nervoso centrale».
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