Idolatrato da milioni di persone, Matteo Salvini deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita sui social e davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessun italiano, neppure il più sprovveduto, che vede così glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Matteo Salvini occorrerà procedere a una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria “Fenomenologia di Matteo Salvini”, dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio pubblico.

Matteo Salvini non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle donne va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Matteo Salvini non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Matteo Salvini dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.

Oltre ai miti, accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate, aggressivo con coloro che devonon essere considerati nemici.

Matteo Salvini parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neopositivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.

Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di conseguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Matteo Salvini convince dunque l'italiano, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e l'elettore lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello.

Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.


Con qualche piccolo adattamento il testo sopra riportato è la trasposizione di alcuni parti del saggio "Fenomenologia di Mike Bongiorno" pubblicato da Umberto eco quasi 60 anni fa. A Mike Bongiorno è stato sostituito Matteo Salvini.

Qualcuno crede che il ritratto proposto sopra non si adatti al personaggio? Pazienza. Personalmente ritengo che i cliché riassunti sopra siano ciò che persegue non solo Matteo Salvini, ma anche i politici nell'ultimo quarto di secolo, al di là di quale sia la loro appartenenza... tra destra e sinistra.

Dopo aver trasformato i partiti in semplici apparati burocratici di cui non è possibile fare a meno perché quelli devono esser indicati e votati su una scheda elettorale, i vari "leader" che si sono proposti sulla scena pubblica italiana hanno promosso la loro immagine cercando quasi esclusivamente il consenso degli elettori, con il promuovere programmi e soluzioni che fossero non utili e necessari, ma apparentemente ritenuti tali da chiunque esprimesse un voto. Matteo Salvini è semplicemente l'ultimo prodotto di questa schiera di politici.

Vedendo la situazione politica attuale sotto tale ottica, il fascismo latente che ne traspare si trasforma così in banale opportunismo e ciò può in parte anche essere tranquillizzante. Di contro, però, le banalità e le ovvietà che l'opportunismo cerca di spacciare come evidenti verità non è detto che siano le soluzioni o le soluzioni migliori ai problemi dell'Italia. E questo, invece, è preoccupante, perché ciò alla lunga non farà che peggiorare ulteriormente la condizione non certo brillante in cui versa il Paese.

Per questo, gli italiani dovrebbero iniziare a chiedersi se non sia giunto il momento di smettere, in politica, di deificare il singolo individuo come uomo della provvidenza, e pretendere di essere rappresentati da dei partiti che rispecchino realmente gli interessi di parti della società riportandone poi gli esclusivi interessi in Parlamento.