Se qualcuno non ricorda o non conosce l’opera del maestro George Cukor, esortiamo a iniziarne l’esplorazione. Uno dei film da lui diretti, “The Women”, del 1939,  una chicca assoluta, per motivi che è meglio scoprire da soli e un cast femminile da urlo, è forse (le nostre ricerche sono sempre in progress) il primo dove compare una forma di aerobica.

La ginnastica, arte nobile, santificata nelle più gloriose competizioni, era abbastanza noiosa, fino agli anni settanta; le palestre si presentavano un filo deprimenti, piene di spalliere e pertiche che ricordavano quelle scolastiche, al massimo un vogatore o una cyclette, e qualche maestro con ambizioni ortopediche, ottime in realtà, ma pedisseque e troppo accademiche.


Tutto cambiò nei rampanti anni ottanta, quelli del fisicaccio a tutti i costi, dell’ego che ammazza il sé, dell’involucro uber alles. La musa della nuova disciplina fu l’attrice Jane Fonda, oggi ottantreenne forse spaccata dai reumatismi, anche se fino all’anno scorso si faceva platealmente arrestare per le sue note intemerate contro il potere, cessate d’un botto nel 2020.

Figlia d’arte, disinvolta pasionaria chic, si butta nel business col suo fisico ancora in gran palla ai tempi, costumino sgambato, scaldamuscoli, talora il magliettino alla greca: e vai di cassette, VHS e tour per il mondo per il lancio della nuova moda, in Italia propagandata da Barbara Bouchet e Sydne Rome, con carriera cinematografica in declino – mentre va detto che Jane era ancora pienamente operativa.

I figli di babbo si fecero aprire una GYM e ci finimmo dentro tutti, chi più chi meno. La parte maschile disponeva della sala attrezzi, già in voga da quando Arnold Schwarzenegger, Lou Ferrigno e soci spopolavano a iniziare dal docufilm “Uomo d’acciaio”, dove compariva anche il campione sardo Franco Columbu.

Ma noi, noi femminucce, in balia di coach a volte preparate, altre meno, talora improvvisate, quelle che facevano “ le ore” in giro per città e provincia e a volte dovevano dovevano tirarsi su come meglio potevano, quante ne abbiamo dovute passare: spogliatoi a rischio furti, la tua roba spostata, odori di ogni tipo, file sgangherate, ritardatarie che rompevano il ritmo, e sempre a guardarci chiappe, pancia, muscoletti più o meno flaccidi, sulle note di musica studiata ad hoc, o fungibile dalla discoteca allo step, ai curl o al tappetino dove ti buttavi per quei tremendi crunch. Ricordate gli Eiffel 65, e i loro “Blue (Da Ba Dee) o “Move your body”? Sono il manifesto di un’epoca e li ritrovi, oggi, nei video cinesi.

Già perché, a un dato momento, non ne puoi più di gente che non va a tempo, che scalcia, che viene solo per rompere i maroni e anche di istruttrici arrembate, inizi a covare l’idea che, forse, puoi ripiegare sul fai da te. Se hai quattro metri quadri che ti avanzano, allestisci una panca o un punching ball, altrimenti ne bastano meno e, oplà, il magico web ti permette di rimanere in tiro, senza spesa né rotture.

Se abbiamo nostalgia? Un po’, sì. Quando ti alleni tutto solo, un po’ scemo ti senti: nessuno ti guarda, nessuno ti controlla, non un cane che ti sfotta o ti faccia notare che tieni la schiena curva o non sei in asse. E vabbé, pazienza; ormai, tanto, devi fare di necessità virtù, e noi ci eravamo portati avanti.