In Italia la confusione regna sovrana, come dimostra la vicenda Corriere - Copasir, ad ulteriore conferma che la stampa (in senso lato, non solo quella su carta) predilige più fare formazione che informazione.

Prima di tutto, un piccolo promemoria su cosa è e dovrebbe essere il Copasir.

"Il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica (Copasir) è un organo bicamerale il cui compito è quello di verificare che le attività del nostro apparato di intelligence si svolgano nel pieno rispetto della costituzione e delle leggi, oltre che nell'esclusivo interesse del paese. Per poter assolvere a questo compito, la legge attribuisce al Copasir ampi poteri di controllo e funzioni consultive. L'organo svolge infatti frequenti audizioni del presidente del consiglio dei ministri, dell'autorità delegata (se presente), dei ministri facenti parte del comitato interministeriale per la difesa della repubblica (Cisr) oltre che dei vertici di tutte le agenzie che compongono il sistema di informazione per la sicurezza della repubblica. Il Copasir può inoltre richiedere al presidente del consiglio l'apertura di inchieste interne e può acquisire documenti sia dal sistema di intelligence che dall'autorità giudiziaria. Il Copasir gode di ampi e incisivi poteri di controllo e di funzioni consultive. Il comitato inoltre è chiamato ad esprimere un parere (obbligatorio anche se non vincolante) sui progetti di riforma che riguardano il settore dei servizi di intelligence. Inoltre deve essere tempestivamente informato sulle nomine – che competono al presidente del consiglio dei ministri – dei direttori e vice direttori generali dell'agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise), dell'agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) e del dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis)". (fonte openpolis)

Quindi, che il Copasir convochi l'ad della Rai per fare indagini conoscitive su chi abbia posizioni filorusse è già di per sé fuori luogo, ma Federica Dieni, esponente del M5S e vicepresidente del Copasir, giustifica l'audizione i questi termini:

«Se abbiamo cercato di sensibilizzare Rai e Agcom non è certo per limitare la libertà di espressione, ma per spiegare i meccanismi con cui alcuni governi operano. Dobbiamo stare attenti a non dare un diritto di tribuna a chi fa propaganda. Non è utile per il nostro Paese offrire un megafono per amplificare visioni che arrivano in modo dirompente all'opinione pubblica, come è accaduto con l'intervista al ministro russo Lavrov».

Queste parole dimostrano a sufficienza lo "stato dell'arte" che regna in Italia, in un paese in cui la stampa, da oltre un quarto di secolo a questa parte, è abituata a fare formazione invece che informazione.

Il problema dell'intervista a Lavrov non è dare la parola a Lavrov, ma permettergli di dire ciò che voleva senza contraddittorio. Consegnargli lo schermo per fargli dire ciò che voleva senza sottoporlo ad uno straccio di domande. È stata la classica intervista "in ginocchio" che le reti televisive ITALIANE sono abituate da tempo a fare ai politici nostrani, dove viene offerto loro il microfono per dire ciò che vogliono senza rispondere ad alcuna domanda... nel caso venga posta!

Adesso la Russia, senza che l'Italia sia entrata in guerra, è il nemico e chiunque aiuti il nemico deve essere smascherato.  Quindi quello che dovrebbe essere un giornale di riferimento, il Corriere, pensa di fare un servizio alla patria pubblicando una pseudo lista di nemici che in maniera surrettizia lavorano per Putin per far sì che l'opinione pubblica italiana faccia il tifo per la Russia, giustificandone in qualche modo l'invasione in Ucraina.

Dei nomi fatti dal Corriere, a parte il solito Orsini, i più sono degli illustri sconosciuti o quasi senza neanche acceso a tribune tali da consentir loro di manipolare chissà che cosa.

Chi abbia fornito tale lista al Corriere e, soprattutto chi l'abbia redatta non è dato sapere, anche se al Copasir - al massimo - potrebbe esser stata consegnata, visto che non è compito di tale comitato stilare siffatti documenti. Ma anche chi abbia consegnato tale documento al Copasir non sembra essere in grado di fare il proprio lavoro, visto che la lista contiene dei palesi errori.

Quello che è certo è che il Corriere ha pubblicato una lista di proscrizione, non si sa bene redatta da chi, per mettere alla gogna delle persone (in gran parte sconosciute ai più) colpevoli di aver espresso delle opinioni diverse da quelle ritenute dai più come corrette. 

"Se si tratta di persone di cui si riesce a dimostrare i legami con la Russia, i legami con le agenzie filoputiniane, se si riesce a dimostrare addirittura che questi sono sul libro paga di queste agenzie, è un conto", afferma Raffaele Lorusso, presidente della Federazione nazionale stampa italana (Fnsi), a Euronews. "Se invece queste liste sono state stilate semplicemente sulla base di opinioni espresse, questo non sarebbe sicuramente accettabile: non si può schedare chi la pensa diversamente, perché significherebbe tornare ai tempi più bui della storia d'Italia".

Ma al Corriere una valutazione tanto semplice, quanto banale, non sono stati in grado di farla e consci di fare formazione invece che informazione hanno pubblicato l'articolo, infamante non tanto per chi è stato indicato come filo putiniano, quanto per la testata e i giornalisti che lo hanno scritto.

Per la cronaca, se si cercano i filo putiniani che possono in qualche modo indirizzare pro Russia le decisioni del Governo, basta guardare in Parlamento, dove c'è la Lega di Salvini Premier che in passato ha stretto un accordo (risulta a qualcuno che sia stato stracciato?) con il partito di Putin e con il suo segretario, per l'appunto Salvini, che un giorno sì e l'altro no parla di voler andare in Russia, di voler fare la pace, di sospendere le sanzioni a Mosca, ecc... 

E sempre per la cronaca, se la tendenza è dar spazio al neo-maccartismo anti Russia promosso da pseudo giornalisti che fanno formazione ma che non sanno che cosa sia l'informazione, del tipo Gianni Riotta, beh, allora si pensi anche di impedire, in qualsiasi forma, la diffusione in Italia del New York Times, che qualche tempo fa aveva sposato addirittura le stesse tesi di Orsini.