In occasione della ricorrenza del 103esimo anniversario della battaglia di Gallipoli, il presidente Erdogan ha dichiarato che dalle 8:30 di domenica il centro di Afrin è sotto il controllo dei ribelli anti Assad e dell'esercito turco che li supporta: "Le bandiere della Turchia e quelle dell'esercito libero siriano sono state issate ad Afrin. La maggior parte dei terroristi è in fuga con le code tra le gambe. Le nostre forze speciali e i membri dell'esercito siriano libero stanno bonificando strade e palazi da mine e trappole esplosive".

Alle dichiarazioni di Erdogan si sono aggiunte quelle del portavoce dell'esercito siriano libero Mohammad al-Hamadeen che ha affermato che turchi e ribelli anti Assad sono entrati nella città da nord, est e ovest senza incontrare resistenza.

Afrin è uno dei centri dell'enclave curda nel nord ovest della Siria, a pochi chilometri dal confine con la Turchia. Ankara considera i combattenti dell'YPG - che garantiscono la sicurezza per la popolazione curda in quell'area - nient'altro che dei terroristi collegati al PKK, nemico storico della Turchia, simbolo dell'indipendenza dei curdi che vivono nella parte est del Paese.

Se la Turchia abbia occupato Afrin, tutta o in parte, è una questione relativa, visto che ciò che non è accaduto oggi, potrà tranquillamente avvenire tra alcuni giorni. Infatti, le forze curde non hanno i mezzi per opporsi all'esercito turco e, soprattutto, alle armi di cui dispone, cortesemente fornite dalla Nato.

Ed è questo uno dei tanti incredibili paradossi di ciò che sta avvenendo in quella zona. I curdi siriani, anti Assad, hanno liberato le città del nord della Siria in mano all'Isis, supportati dall'esercito americano. Adesso, dopo aver compiuto il lavoro del cui risultato tutti si compiacciono, sono improvvisamente diventati a loro volta dei terroristi e gli ex alleati si sono dimenticati di loro.

Per difendere la regione di Afrin, l'YPG ha così chiesto aiuto all'ex nemico, la Siria. Inizialmente, l'esercito di Assad è sembrato accettare la richiesta, tanto che alcune avanguardie erano state accolte come salvatori dalla popolazione residente ad Afrin. Ma, nella realtà, i siriani non hanno deciso di impegnare la loro aviazione contro l'artiglieria pesante e i carri armati turchi. Secondo i curdi, questo è il risultato pratico degli accordi di Sochi tra Assad, la Russia e la Turchia.

Ma se Afrin sia o meno già da considerarsi curda, come accennato in precedenza, è di poca importanza rispetto alla crsi umanitaria già in atto. Una settimana fa la Turchia aveva interrotto la fornitura di acqua e elettricità alla città, costringendo i residenti che ancora avevano resistito ai bombardamenti a fuggire verso sud-est, in direzione di Aleppo. Decine di migliaia di persone che hanno abbandonato dietro di sé i propri beni, che non hanno niente e che ricevono solo un aiuto parziale da alcune Ong che ancora operano nella zona.

I curdi e coloro che a livello internazionale supportano la Federazione Democratica del Rojava, la regione in cui sorge Afrin, hanno organizzato per il 24 marzo un giorno di mobilitazione, il #WorldAfrinDay, per dimostrare che Afrin non è sola.