Da Acqui Terme divulgata un'inchiesta della giornalista Federica Tourn di Domani: il coraggio della verità, per il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati che diffonde la notizia, è fondamentale senza compromessi per salvare la Chiesa Cattolica dal disfacimento totale. Inoltre per i preti sposati italiani è fondamentale immediatamente cambiare il codice di diritto canonico e consentire ai preti sposati di ritornare con le proprie famiglie all'esercizio attivo del ministero sacerdotale.

Il caso di Aqui Terme mina la totale credibilità degli uomini di Chiesa:  "Da quasi vent’anni Massimiliano Gamalero bussa alla porta della Chiesa per denunciare il  prete che aveva abusato di lui quando era ragazzo. E nessuno gli ha mai dato retta. Ma oggi che don Carlo Bottero (nella foto a sinistra), reo confesso, quasi ottantenne, ecco che fa arrivare alla vittima una proposta di risarcimento per le violenze subite.

Siamo nel 2022 e il prete si impegna a versargli venticinquemila euro in cinque anni, in comode rate di cinquemila euro ciascuna. A farsi garante dell’offerta è Luigi Testore, vescovo della diocesi di Acqui Terme cui Bottero appartiene. Ma c’è il trucco: l’accordo contiene una clausola di riservatezza e, in caso di divulgazione da parte della vittima, l’impegno del prete verrà meno. Insomma: ti paghiamo in cambio dell’oblio.

L’ambiguità insopportabile della Chiesa
Questo è il vero buco nero della Chiesa italiana: quanti casi simili conosce? Quanti abusi sessuali dei sacerdoti sono stati seppelliti sotto la clausola di riservatezza? E questo è anche il problema del presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), il cardinale Matteo Zuppi (nella foto sopra) che, come vedremo, sull’argomento è costretto a fare lo slalom tra ambiguità e contraddizioni". Ambiguità di comportamento per i parolaio cardinale Zuppi che vive nei suoi sontuosi palazzi tra Roma e Bologna con segretari e portaborse lontano dalla realtà dei preti. In passato ha avallato discriminazioni e calunnie e la sospensione dall'insegnamento di un prete sposato emiliano con una moglie disabile costretto ad abbandonare a seguito della perdita del lavoro la Regione. 

Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, si è sempre mostrato tiepido nei confronti di qualsiasi tipo di indennizzo alle vittime e proprio a Zanardi, durante un colloquio privato avvenuto nell’estate dell’anno scorso, ha ribadito di essere contrario ai risarcimenti non per la clausola di riservatezza ma perché potrebbero incentivare le denunce a scopo di profitto. Dunque la “via italiana” della Cei alla lotta agli  abusi sessuali dei sacerdoti passa attraverso questi “atti unilaterali di grande sensibilità” con vincolo di riserbo? Quanti di queste scritture private sono note alla Cei?

Interpellato in proposito da Domani, il presidente della Cei si è limitato a citare le linee guida (contraddittorie) approvate dall’assemblea dei vescovi nel 2019: “La valutazione di eventuali clausole di riservatezza che potrebbero essere inserite nei contratti relativi al risarcimento del danno va fatta in relazione ai casi concreti, e in ogni caso non può di certo incidere sulla libertà della vittima di un abuso di ricercare la verità e di perseguire la giustizia negli ambiti civili e canonici”. Però, precisa ancora Zuppi, “nessun silenzio o occultamento può essere accettato in tema di abusi”. Due affermazioni incompatibili: infatti, se il silenzio sugli abusi è inaccettabile per la Cei, logicamente lo devono essere anche le clausole di riservatezza.

La vittima al monsignore pedofilo: “I tuoi soldi non li voglio, il mio silenzio non si compra”
Il senso di queste transazioni è chiaro: pagare le vittime perché tacciano la violenza subita. Dimenticare, nascondere, non far sapere: questo l’imperativo della Chiesa, che bada innanzitutto a non fare del “can can”.

Un sistema che ignora la sofferenza delle vittime e la loro legittima richiesta di giustizia e, al contrario, agevola i pedofili che, protetti dalla negligenza dei loro superiori, rimangono liberi di continuare a molestare ragazzini da una parrocchia a un’altra. Nei corridoi delle curie spesso si conoscono i casi nei dettagli molto prima che arrivino (se arrivano) agli sportelli di ascolto diocesiani.

Per quanto riguarda Acqui, il vescovo Testore ha assicurato a Domani che non risultano altre vittime nella sua diocesi, eppure a quanto pare don Bottero non era l’unico: il parroco di Mombaruzzo don Bellati ha confidato a Gamalero che in zona c’era un altro prete pedofilo, un’altra famiglia in preda alla disperazione. Nascondere gli abusi infatti non significa solo non voler sapere, come chiosa lo stesso Gamalero: “I preti non parlano ma le cose le sanno, eccome se le sanno”.

La storia finisce con un nuovo colpo di scena: nonostante il fermo rifiuto di Gamalero, i primi 5.000 euro del prete pedofilo sono stati accreditati sul suo conto. i primi cinquemila euro. “Ho detto al vescovo Testore di lasciarmi in pace perché sto male – taglia corto lui – e i soldi li ho già restituiti a don Bottero. Il mio silenzio non si compra”.