Ormai ogni allerta per il maltempo si trasforma quasi sempre in smottamenti, frane o alluvioni elencate in un drammatico bollettino nel quale siamo costretti a contare vittime, dispersi e ingenti danni alle comunità e alla nostra economia.

La fragilità del nostro territorio, unita al consumo di suolo e a una cementificazione che continua a correre, oltre che alla riduzione degli spazi naturali dei fiumi, rendono sempre più grave l’emergenza generata dagli impatti della crisi climatica. 

Solo ieri l’UNEP (United Nations Environment Programme), nel suo ultimo report sul divario dell’adattamento climatico, ha mostrato come il mondo non stia prendendo sul serio gli impatti della crisi climatica a causa del rallentamento dei progressi in materia di finanziamento, pianificazione e attuazione delle misure di adattamento. 

Che cosa stiamo registrando nelle ultime ore in Italia?

Uno stato di grave emergenza in Toscana, dove si piangono già cinque morti ma allerta anche in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria, Campania, Molise e Lombardia, dove si teme una nuova esondazione del fiume Seveso.

È sempre più evidente che il nostro Paese si trovi in uno stato di calamità climatica permanente, sottovalutato per anni dalla politica. È assurdo che, ad esempio, in un periodo in cui tutte le risorse andrebbero concentrate sulle politiche di adattamento al cambiamento climatico, il governo abbia destinato circa 15miliardi di euro per il Ponte sullo stretto di Messina. Altrettanto assurdo che, mentre la crisi climatica corre, i decisori politici, invece di concentrarsi sullo sviluppo delle energie rinnovabili, siano pronti a varare il cosiddetto Piano Mattei, al di là della fumosità destinato ad aumentare la nostra dipendenza dai combustibili fossili e a rallentare la riduzione delle emissioni climalteranti. 

È inaccettabile vedere che i progressi nell’adattamento rallentano e che i finanziamenti diminuiscono, mentre gli impatti climatici si intensificano. Dopo la VAS sul Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e l’annuncio, da parte ministro Pichetto del rapido varo entro l’estate (scorsa), il Piano è scomparso dai radar del dibattito pubblico e, quel che è peggio, da quello della Legge di Bilancio. Non solo, quanto alle cause della crisi climatica, cioè le emissioni di gas climalteranti provocate innanzi tutto dall’uso dei combustibili fossili, la bozza di revisione del Piano Integrato Energia Clima (PNIEC) non prevede alcun programma di uscita, tranne che per il carbone: quindi le politiche climatiche sono del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. 

L’Europa a fatica si sta muovendo: con la Strategia Europea per la biodiversità ha impegnato gli Stati membri a riconnettere e riqualificare 25000 chilometri di fiumi entro il 2030 e in Italia, a parte il progetto di rinaturazione Po proposto da WWF e ANEPLA e inserito nel PNRR, non sta facendo granché. Inoltre, siamo in attesa della Restoration Law, già fortemente avversata da numerose lobby, che ci dovrà impegnare in un’azione diffusa di ripristino e  attivazione di azioni nature based solutions. Bisogna fare molto di più e con più decisione per affrontare la crisi climatica, riducendo le emissioni di carbonio, ridando spazio ai fiumi e ripristinando la natura che è stata cancellata. 


Crediti: cs WWF Itaila