In merito all'offerta (amichevole) di acquisto del Gruppo Tim da parte di KKR, mancava di conoscere il punto di vista dei sindacati. 

Ecco, pertanto, come le segreterie nazionali del settore telecomunicazioni di Cgil, Cisl e Uil hanno commentato la notizia:

"Siamo sorpresi e trasecolati rispetto a quanto indicato nel comunicato stampa n. 217 redatto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di domenica 21 novembre in merito alla vicenda TIM – Rete Unica.In un Paese dove il settore delle Telecomunicazioni è stato lungamente martoriato a partire dalla scellerata privatizzazione della Telecom Italia, realizzata dallo Stato nel lontano 2000, e nel quale a differenza di altre importanti nazioni europee i primi quattro operatori di telecomunicazioni del Paese sono in mani straniere, leggere che il mercato valuterà la solidità del progetto è per noi a dir poco lunare.Ci domandiamo che ruolo ha la politica tutta e la golden power rispetto ad una tema strategico come la rete demandato nell’ennesimo gruppo di lavoro governativo e di esperti, tutto ciò non può che farci sobbalzare dalla sedia.Negli anni pre-pandemia abbiamo evidenziato e recapitato ai Ministeri competenti molteplici documenti con all’interno varie ed importanti proposte sulla rete e sul settore delle TLC.  Da lungo tempo SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL con le loro Federazioni, in tutti i consessi possibili evidenziano le criticità del settore che pur essendo da tutti considerato strategico per il Paese, da dieci anni perde ricavi e marginalità e non ha un chiaro indirizzo politico.In questi ultimi mesi abbiamo chiesto formalmente di essere convocati al Ministero dello Sviluppo Economico senza successo, un silenzio assordante, eppure non sarà sfuggito quanto fondamentale sia stata la rete ed il settore delle TLC durante la fase acuta della pandemia dove circa 60 milioni di italiani hanno comunicato e lavorato grazie a questo comparto.La RETE ed il settore delle TLC sono centrali per portare il Paese a cogliere gli importanti e sfidanti obiettivi relativi alla digitalizzazione ed innovazione, quelli indicati nel PNRR, avere notizia che un gruppo di lavoro è deputato a seguire una vicenda strategica per il Paese sulla quale i riflettori sono puntati da decenni ci amareggia fortemente.Aver superato il memorandum di intesa della fine di agosto 2020 tra TIM e CDP finalizzato alla realizzazione del più ampio progetto di rete unica nazionale (AccessCo) attraverso la fusione tra FiberCop e Open Fiber ha prodotto una nuova impennata della fragilità della Governance di TIM e allontana le forti prospettive di modernizzazione del Paese.Non averci convocato e non essere ascoltati dalle Istituzioni governative coinvolte, in un contesto che evolve vorticosamente, non è uno sgarbo alle Organizzazioni sindacali confederali ma a decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori occupati nel gruppo TIM e nel settore TLC, cittadine e cittadini dell’Italia.La difesa degli attuali livelli occupazionali ed il loro sviluppo non possono passare dal rimanere in attesa di cosa farà il mercato o da un gruppo di lavoro, la politica nella sua più alta rappresentazione ovvero i Ministri ed il Presidente del Consiglio prenda una posizione urgente e chiara che preservi le infrastrutture del Paese e gli occupati del settore!"

Questo, infine, il commento di Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil, rilasciato in una intervista a Collettiva (testata giornalistica collegata alla Cgil): 

"Nelle telecomunicazioni, in settori strategici non può valere come unica logica quella del mercato. Queste sono delle grandi aziende di sistema che servono al Paese, quindi sono aziende sulle quali il processo di governance deve essere finalizzato non solo al mercato, ma al sistema, alla crescita dell'innovazione, ai benefici del Paese. In una possibile Opa da parte di Kkr su Telecom vedo un'operazione squisitamente ed esclusivamente di mercato. È per questo che abbiamo espresso dubbi e perplessità. Il governo non può stare semplicemente a guardare. Insomma, il riassetto di Telecom coincide con il riassetto complessivo delle Tlc, del sistema digitale e della nostra capacità di essere uno dei soggetti importanti in Europa. Di fronte ad un asset così strategico occorre avere una visione industriale, non solo di mercato, altrimenti non si riuscirà a garantire al Paese le migliori condizioni per fare il salto digitale".

Alla domanda sul destino di una rete unica che consenta a tutti gli italiani un sevizio affidabile e veloce ovunque risiedano, ha risposto così:

"I problemi che abbiamo di fronte sono due. Da un lato se sia possibile che un Paese possa fare una politica delle reti non disponendo di un incumbent, ovvero non avendo il controllo, l'indirizzo di un'azienda strategica. L’operazione di mercato su Telecom va proprio in questa direzione.Dall’altro, se sia possibile considerare la rete a banda larga come una delle tante infrastrutture da costruire. Pensiamo che la risposta per tutti e due questi interrogativi sia no. Purtroppo, però, sembra invece che si stia andando esattamente in questa direzione.Il modo con cui si sta realizzando la rete in fibra sembra più un programma di opere pubbliche che non la costruzione di un asset strategico per l’Italia. Se la logica è quella dell’opera pubblica la conosciamo, l'abbiamo vista, ne abbiamo misurato il fallimento.  Quando si parla di frazionare gli interventi - ed è quello che sta accadendo visto l’annuncio del ministro Colao che a breve partiranno i bandi per diversi lotti di infrastruttura – si pongono problemi sia dal punto di vista della qualità degli interventi, che da quello della effettiva esigibilità del diritto alla connessione. Infine, ma non da ultimo, si pone il problema della legalità. Ci pare che le scelte del governo, anche in questo caso, stiano andando proprio nella direzione di frazionare gli interventi per soddisfare esigenze diverse. Non crediamo sia questo il modo di affrontare un tema strategico come questo che, ripeto, riguarda il futuro del Paese e il ruolo che vogliamo giocare in Europa. Infine, lasciamelo dire, c’è un’altra questione che a noi sta particolarmente a cuore. Se Telecom perde strategicità e ruolo che fine fanno i 40mila dipendenti? Ecco, il tema della salvaguardia dell’occupazione non può essere trattata marginalmente da inserire alla voce varie ed eventuali".

Nel frattempo il mercato continua a credere che l'acquisto andrà in porto con il titolo Tim che oscilla intorno a quota 0,45 centesimi.