No, questa volta non è solo un gioco. E non parlo da appassionato e tifoso di calcio, che spesso usa quella frase per esternare emozioni e sentimenti i quali sono sconosciuti a chi vive questo sport dall’esterno, da spettatore non coinvolto. Questa volta parlo in primis da cittadino italiano, perché in questo momento storico il calcio può e deve essere il trampolino di rilancio per il nostro Paese. Ecco, non fermiamoci alle frasi del tipo “come fate a parlare di calcio ora?” Perché è molto facile schierarsi dalla parte dei “No-Calcio”. È vero, può sembrare fuori luogo parlare di calcio con più di 400 morti al giorno, e come pochi giorni fa ha dichiarato il Ministro della Salute, Roberto Speranza, è ad ora “ l’ultimo problema di cui possiamo occuparci”; è comprensibile ma allo stesso tempo non corrisponde alla realtà dei fatti. Troppo spesso pensiamo al calcio come 22 uomini che corrono dietro ad un pallone con stipendi milionari; bene, fermiamoci un attimo e riflettiamo su quanto sia invece importante il “ sistema calcio “. Questo sport porta lavoro a decine di migliaia di persone; persone normali che lavorano dietro alle quinte , con stipendi normali e con famiglie da mantenere. Ed è proprio per questo che, i giocatori di alcune grandi società, come Roma e Juventus, hanno deciso spontaneamente di rinunciare a delle mensilità per aiutare i dipendenti messi in Cassa integrazione dai rispettivi club.

Ma è importante sottolineare un altro aspetto: leggendo il bilancio annuale della FIGC, si può notare che il 99% delle partite annuali è a livello dilettantistico e giovanile, quindi disputate da giocatori che guadagnano stipendi nella media, ed anche loro in difficoltà economica in questo momento.

E c’è un dato da cui non ci si può sottrarre e al quale bisogna porre l’attenzione: il calcio italiano genera 4,7 miliardi l’anno e di questi 1,2 miliardi vanno al Fisco e vale ben il 7 % del PIL nazionale (fonte: FIGC). Di conseguenza è il terzo settore più produttivo in Italia e, fermare il calcio significa fermare buona parte dell’economia nazionale.
 
Ma il calcio non è solo un fattore economico e, in un momento come questo, dove anche la nostra tenuta psicologica è messa a dura prova, far ripartire il pallone vorrebbe dire alzare il morale degli italiani. Infatti, un sondaggio svolto dall’“European Football Benchmark” ha rivelato che ben 34 milioni di italiani è appassionato di calcio, e mai come ora torneremmo tutti volentieri a commentare le partite della propria squadra e a cercare un minimo di felicità e distensione per 90 minuti.

In Italia, quindi, il calcio è molto di più che un “pallone che rotola su un campo”. Dietro ad esso c’è un mondo che genera introiti elevati e, la prossima volta rifletteteci due volte quando penserete a 22 uomini che rincorrono una sfera per 90 minuti. Perché no, non è affatto così.