Lo sport in piazza per sopravvivere
Davanti a Montecitorio, a Roma, si è riunito il popolo dello sport italiano per protestare contro chiusura indiscriminata delle associazioni sportive presa dal Governo Conte in merito all’emergenza da Covid19. I manifestanti presenti in piazza hanno chiesto la riapertura immediata di tutte le attività oppure dei veri aiuti finanziari per sostenere realmente le società sportive chiuse da mesi. Molte realtà sportive non hanno mai riaperto dal primo lockdown di marzo.
La manifestazione "Un tuffo senz’acqua" è stata organizzata dalla Società SIS Roma con la stretta collaborazione del Comitato FIN del Lazio e sostenuta dalla FIN (Federazione Italiana Nuoto) con la presenza di persone di spicco dello sport e delle istituzioni come il Presidente della FIN, Paolo Barelli che ha dichiarato:
“Sono tutti preoccupati e addolorati perché hanno speso centinaia di migliaia di euro per mettere i loro impianti in sicurezza e adesso se si chiude non si riparte. Se falliscono le società, non ci sarà lavoro e non ci sarà neanche più lo sport. Cosa chiediamo? Di farci riaprire o di darci contributi veri, non ristori come questa elemosina. Parliamo di attività sociale ed economica e quindi lavorativa, che deve essere trattata adeguatamente. I numeri dimostrano l’importanza del nostro mondo sia dal punto di vista sociale che economico. Mi riferisco soprattutto a società che hanno in gestione impianti e che hanno speso centinaia di migliaia di euro in questi in questi mesi, da marzo ad oggi, per tenerli in funzione e metterli a disposizione della comunità. Non smetterò mai di dire che lo sport in Italia si fa solo ed esclusivamente perché esistono le associazioni sportive. Lo sport non lo si pratica nella scuola o grazie ai fondi inesistenti delle amministrazioni comunali. Lo sport è garantito solo ed esclusivamente dalle oltre 100 mila associazioni e da presidenti, dirigenti, tecnici, allenatori ed istruttori che sono diventati professionisti di questo mondo. Quindi mi lusingano i colleghi politici che parlano di paracaduti sociali per sostenerlo. Ci vorranno più di cento anni per vedere piscine e o palestre nelle scuole pubbliche, quindi l’unico modo è sostenere le società sportive e chi ci lavora. Non possiamo esser soddisfatti per i due o tre mila euro arrivati alle associazioni dopo il primo lockdown. Se non ci sono soldi veri come promesso, lo sport muore in Italia. Il problema non è solo ostacolare l’attività dei campioni come Massimiliano Rosolino o Federica Pellegrini o Tania Cagnotto o il Settebello, ma far morire l’intero sistema sportivo nazionale”.((Presidente della FIN, Paolo Barelli)
Il 30 ottobre scorso in molte città italiane, comprese le maggiori città sardeCagliari e Sassari si sono svolti dei flash mob contro le chiusure delle piscine. In quell’occasione, Danilo Russu (Presidente FIN Sardegna) ha dichiarato che:
“L’aver tenuto un contegno esemplare, assecondando oltre il dovuto le linee guide protocollari anti covid non è servito a nulla. I Nas e altri enti di controllo hanno posto sotto osservazione 200 poli natatori indoor e nessuno di essi si è rivelato fuori norma, anzi in molti casi gli osservatori speciali si sono complimentati per l’ottimo lavoro di prevenzione svolto. Siamo stati comunque pugnalati alle spalle da uno Stato che stenta a capire quali siano i vantaggi psico – fisici che l’accesso ad una piscina può generare”
(Foto in alto: DBM)