L'ultimo scontro tra Gaza e Israele è iniziato a seguito delle provocazioni delle famiglie  palestinesi sotto minaccia di sfratto a Sheikh Jarrah da parte delle forze di sicurezza israeliane, che hanno poi pensato bene di allargare la protesta palestinese assalendo i fedeli riuniti per gli ultimi giorni del ramadan nella spianata delle moschee. Da lì l'ultimatum di Hamas a cui Netanyahu ha risposto con ulteriori aggressioni ai palestinesi riuniti nella moschea di al Aqsa.

Per Netanyahu era una questione di sopravvivenza politica. Il presidente Rivlin aveva affidato il tentativo di formare un nuovo governo, dopo le ultime elezioni di marzo, a Yair Lapid, che ad oggi tira le fila delle forze politiche che si oppongono all'attuale premier israeliano. Lapid aveva qualche possibilità di trovare i 61 voti necessari per sostenere nella Knesset un nuovo governo, prima che il 10 maggio Hamas iniziasse a lanciare i suoi razzi sulla periferia di Gerusalemme.

Perdere il controllo del governo nel momento in cui deve affrontare un processo in cui deve rispondere di alcuni casi di corruzione, sarebbe stato drammatico per Netanyahu che, evidentemente, aveva tutto l'interesse per intensificare il conflitto in modo da far fallire qualsiasi possibilità di successo per Lapid, dato che il suo tentativo si sarebbe basato anche sul coinvolgimento degli arabi israeliani. E proprio per questo è difficile credere che nei prossimi giorni, nonostante la tregua, il tentativo di Lapid possa avere successo.

Il piano di Netanyahu, però, stavolta ha fatto registrare due serie conseguenze.

In seguito allo "scambio" di razzi tra Gaza e Israele, il conflitto si è trasferito non solo in Cisgiordania,  ma anche all'interno dello stesso Stato ebraico, con scontri, atti di vandalismo e persino linciaggi tra ebrei israeliani e arabi israeliani, che rappresentano il 20% della popolazione, mettendo così in atto le prime avvisaglie di quella che potrebbe diventare in futuro una vera e propria guerra civile. Non era mai accaduto prima!

Ma questo non è l'unico autogol di Netanyahu. L'altro è che il conflitto ha visto una fetta importante dell'opinione pubblica americana scendere in strada e protestare contro Israele con l'appoggio di alcuni rappresentanti del Congresso, mentre alcuni dei media statunitensi hanno iniziato a far comprendere agli americani che il problema della Palestina non è costituito tanto dai "terroristi" di Hamas, quanto dalla politica di apartheid messa in atto da Israele. Non era mai accaduto prima!

Così, quella che Netanyahu descrive come una vittoria di Israele sui terroristi di Gaza rischia, per lui, di diventare una classica vittoria di Pirro.