In quest'ultimo anno il principale tema di discussione nell'ambito dei mercati finanziari è stato e continuerà ad essere l'inflazione. Questa, ormai ben al di sopra del target della FED e della BCE, data la differenza strutturale tra Europa ed USA e la diversa politica monetaria adottata da parte delle due banche centrali, si sta manifestando in maniera diversa tra i due continenti. Le stime d'inflazione attesa divergono, mostrando una maggiore persistenza in Europa rispetto agli Stati Uniti. Secondo le stime della BCE rilasciate nell'ultimo numero del bollettino economico,  l'inflazione si attesterà intorno al 6,8% nel 2022; 3,5% nel 2023; 2,1% nel 2024. Contrariamente la FED si presenta più ottimista riportando le seguenti stime: 5,2% nel 2022; 2,6% nel 2023; 2,2% nel 2024. 

Al di là del numero percentuale, a mio avviso, l'inflazione sarà più duratura ed impattante in Europa che in America. L'analisi è basata su alcune variabili economiche fondamentali, le quali mostrano un futuro più lungo e tortuoso per il nostro continente. 

Anzitutto è importante sottolineare che i livelli di produttività tra i due paesi sono molto diversi. La produttività statunitense, storicamente più efficiente rispetto a quella europea, ha subito una forte ripresa dopo la crisi del Covid-19 grazie anche al sostentamento delle politiche fiscali e monetarie espansive. In Europa, l'andamento della produttività è stagnante, presenta valori minori e tassi di crescita inferiori. Ad un differente livello di produttività delle imprese si collega un differente reddito delle famiglie e dunque una diversa capacità di spesa. In periodi di alta inflazione, le famiglie a minor reddito subiscono maggiormente il costo derivante dalla perdita di potere d'acquisto. Ciò sembra essere confermato dai dati, i quali mostrano un consumer spending statunitense in decisa ripresa dopo il crollo del 2020 ed un consumer spending europeo ancora sotto i livelli massimi raggiunti nel 2020. La variabile fondamentale che a mio avviso giocherà un ruolo determinante nel diverso andamento dell'inflazione nei due paesi è rappresentata dai costi di produzione. In entrambi i paesi i valori del PPI è ancora molto elevato, tuttavia l'America presenta aumenti percentuali annui pari a meno di un terzo di quelli europei. Questa discrepanza è sicuramente in parte causata da un tasso di cambio EUR/USD molto debole che, combinato ad un aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, comporta un'ulteriore incremento delle commodities quotate in dollari per le imprese europee. 

Ricapitolando: la produttività delle imprese europee fatica a crescere, i redditi delle famiglie non crescono, la spesa di queste è ancora al di sotto dei livelli  del 2020 ed i prezzi alla produzione per le aziende sono aumentati del 37% annuo. A questo si aggiunge la diversa politica monetaria della BCE che inizierà a drenare parzialmente la liquidità a partire da Luglio, al contrario della FED che ha già agito, seppur in ritardo anche lei. La somma di queste dinamiche mi fa pensare che, se in l'America la chiamata per la stagflazione è ancora in dubbio, in Europa abbiamo già composto il numero.