Cronaca

Sì a collaborazione pastorale tra preti e laici. No ai preti sposati che potrebbero rilanciare l'evangelizzazione collaborando con i parroci

Mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, è intervenuto oggi alle giornate formative del Cop (Centro orientamento pastorale) sulla “parrocchia sinodale” in corso a Seveso (Monza Brianza) proponendo il tema della corresponsabilità.

“Corresponsabilità nella lettura della realtà, nel discernimento (che è fatto anche di preghiera), in un progetto comune che vede la diocesi impegnata in una pastorale che considera la Chiesa famiglie di famiglie, presente nel mondo dei giovani, capace di comunicazione e cultura”.

“C’è da evidenziare l’importanza della verifica, la quale necessita del suo tempo, e può trovare forma nelle visite pastorali”.

Napolioni ha parlato di esperienze significative a livello di corresponsabilità. Quella del santuario di Caravaggio: corresponsabilità tra preti, religiosi e famiglie, per accogliere, ascoltare, accompagnare. Una attenzione ai seminaristi, aprendo alla loro presenza nelle parrocchie e all’interazione con le famiglie. Ancora: unità pastorali, nelle quali la progettazione parte da una condivisione che mette insieme preti e laici.

“Preti e laici che si formano insieme, con-discepoli”.

Enrico D’Abbicco, presbitero e vicario generale della diocesi di Bari-Bitonto, ha portato, insieme alla giovane Eleonora Palmentura, l’esperienza del cammino sinodale, che “è andata oltre l’intraeccessialità, spingendosi quindi oltre i non battezzati (per richiesta del vescovo diocesano, Giuseppe Satriano)”.

Carcere, persone con varie fragilità, la “strada”, “sono stati luoghi accolti anzitutto, visitati, ascoltati”. “Si è pensato anzitutto allo stile: è stata necessaria una formazione per gli operatori strada. Gesù è il primo che nell’annuncio del Regno, percorre strade; nella strada si forma la comunità; un’esperienza dinamica”.

“Andando oltre ogni comodità di chi si fa solo cercare. Andare per strada – hanno affermato D’Abbicco e Palmentura – per riequilibrare la relazione, spesso asimmetrica, davanti a richieste non preconfezionate”.

“Accogliere non è assimilazione (richiesta di diventare come il gruppo), bensì è venire fuori dai rispettivi territori per costruire una realtà nuova rispetto a quella d’origine”.

Fonte: agensir.it

Autore Informazione Libera
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