I significativi progressi nella lotta contro malaria, HIV, tubercolosi e altre malattie infettive, ottenuti negli ultimi vent'anni, rischiano di essere vanificati a causa della riduzione dei fondi statunitensi destinati alla salute globale. A lanciare l'allarme è il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante un recente briefing con la stampa.  

Gli Stati Uniti, principale donatore nella lotta alla malaria, hanno contribuito a prevenire 2,2 miliardi di casi e 12,7 milioni di decessi dal 2000. Ora, però, i tagli ai programmi gestiti da Usaid e Cdc stanno causando carenze di farmaci, ritardi nelle diagnosi e nella distribuzione di zanzariere trattate con insetticidi. "Se le interruzioni continueranno", avverte Tedros, "potremmo registrare 15 milioni di casi aggiuntivi e 107.000 morti per malaria solo nel 2024, invertendo 15 anni di progressi".  

Situazione analoga per l'HIV: la sospensione dei finanziamenti al PEPFAR, il piano d'emergenza per l'AIDS, ha già interrotto servizi di trattamento e prevenzione in oltre 50 paesi. Otto nazioni segnalano gravi interruzioni nella terapia antiretrovirale, con il rischio di esaurire le scorte di farmaci. Le proiezioni indicano oltre 10 milioni di nuovi casi di HIV e 3 milioni di decessi aggiuntivi, annullando due decenni di lavoro.  

Per la tubercolosi, 27 paesi in Africa e Asia affrontano carenze di personale, rallentamenti diagnostici e collassi dei sistemi di sorveglianza. Nove nazioni hanno segnalato interruzioni nelle forniture di farmaci, mettendo a rischio pazienti che dipendono da terapie salvavita. Dal 2000, il sostegno USA ha contribuito a salvare 80 milioni di vite, ma anche questi risultati sono in bilico.  

Sul fronte vaccinale, la rete globale dell'OMS per morbillo e rosolia, finanziata esclusivamente dagli USA e composta da 700 laboratori, rischia la chiusura. Un pericolo gravissimo, considerando che nel 2023 si sono verificati 57 grandi focolai di morbillo, con tendenza in crescita. I tagli minacciano anche l'eradicazione della poliomielite e la capacità di risposta a epidemie come l'influenza aviaria.  

Le ripercussioni si estendono alle emergenze umanitarie: a Cox's Bazar, in Bangladesh, il più grande campo profughi al mondo, sono stati sospesi servizi essenziali come cure per l'epatite C, assistenza primaria e pagamento degli operatori sanitari. Complessivamente, 24 milioni di persone potrebbero perdere accesso a cure vitali, mentre oltre 2.600 strutture sanitarie in 12 aree critiche hanno già ridotto i servizi.  

Tedros riconosce il ruolo storico degli USA come donatori "estremamente generosi", ma sottolinea la necessità di una transizione ordinata: "Se Washington non ripristinerà i fondi, deve almeno collaborare con i paesi per trovare soluzioni sostenibili, evitando interruzioni letali". L'OMS esorta altri donatori a farsi avanti e i governi beneficiari a potenziare la spesa sanitaria interna.  

Il monito dell'OMS va oltre l'aspetto umanitario: "Combattere le malattie globali rende tutti più sicuri, previene pandemie e sostiene crescita economica e stabilità, vantaggi che coinvolgono anche gli Stati Uniti". La sfida, conclude Tedros, è proteggere conquiste che rappresentano milioni di vite salvate, dimostrando che la cooperazione sanitaria non è un costo, ma un investimento nel futuro comune.