Era il 24 maggio del 2015 quando il Papa richiamava l’attenzione sul gravissimo problema ambientale che da decenni sta sconvolgendo gli equilibri biologici dell’intero ecosistema con delle conseguenze imprevedibili e disastrose ma ci voleva un virus per fermare l’infernale macchina del progresso inteso come profitto. Il problema è lo stile immorale e predatorio che l’imprenditoria ha sempre adottato ed imposto con prepotenza ad intere collettività infatti questo è un problema universale e i problemi di destabilizzazione climatica ne sono un’evidente conseguenza. Ma occorrono non solo risposte valide ma anche atti concreti che possano modificare lo stato delle cose.
Dall’Enciclica Laudato sì: “(…) non basta conciliare una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso.”
Oggi si appresta ad entrare in carica l’ultima creatura prodotta dal sistema che dovrebbe traghettare il paese verso un radicale cambiamento del sistema produttivo industriale però dando uno sguardo al gruppo di “alto profilo” che dovrebbe guidare lo Stato attraverso questa transizione mi ritorna alla memoria la parabola della “toppa nuova sul vestito vecchio” solo che, nel caso specifico, la toppa è vecchia più del vestito.
Il premier che sta chiedendo la fiducia ha ricevuto un segnale chiaro da una consistente parte del Parlamento, quando nominando Conte immediatamente i parlamentari hanno applaudito a lungo tra le proteste della destra. Trovo assurdo che il Professore ringrazi il premier uscente per quello che ha fatto durante il suo mandato, per essersi fatto carico dell’onere di affrontare una pandemia che ha messo in ginocchio tutti senza distinzione di razza, sesso, cultura e religione (questo virus è un autentico esempio di democrazia, lui al Pil non ci fa caso) visto che è stato definito un incapace, un’inconcludente che si era accompagnato con degli “scappati di casa”, “bibitari”. Berlusconi dichiarò pubblicamente che: “non li vorrei neanche a pulire i cessi a Mediaset” e via discorrendo.
Il premier entrante ha sottolineato la gravità della situazione politica/sanitaria/economia e ha manifestato comprensione e solidarietà a coloro che stanno soffrendo per la perdita dei loro cari a causa del virus; per coloro che hanno perso il lavoro; per le persone a rischio condannate ad un isolamento che rende più gravoso il loro stato; per le fasce più deboli della popolazione che vedono ogni giorno aggravarsi la loro già precaria situazione. Parole nobili e nobili intenzioni, non c’è che dire, era il minimo! Torniamo con i piedi sulla terra e guardiamo in faccia la cruda realtà.
Ieri (un giorno prima del giuramento del governo) il presidente di Confindustria l'insuperabile Bonomi ha chiesto al nuovo esecutivo lo sblocco dei licenziamenti, l’abrogazione del reddito di cittadinanza e sicuramente avrà dato disposizioni in merito al Recovery Fund. A suo tempo il premier Conte neanche gli aveva risposto! Sono nelle richieste avanzate dalla Confindustria da ricercare i reali motivi della caduta di un esecutivo “fuori dalle righe” che stava realizzando una nuova linea politica non gradita all’imprenditoria e alle banche. Ogni giorno che passa emerge l’assurdità e la strumentalità di una crisi che di politico non ha nulla. Ha l'amaro sapore di un golpe bianco.
Se si va ad analizzare i profili di alcuni componenti del nuovo Governo troviamo tre ministri e un capo di gabinetto che fanno parte di un vivaio composto da elementi inseriti nel sistema confindustriale e finanziario che ha garantito loro una notevole carriera ed entrature utili.
Il ministro della Transazione ecologica è Roberto Cingolani che è stato direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova dal 2005 al 2019, un istituto sorto in contrapposizione alla ricerca universitaria e pubblica che percepisce 100 milioni l’anno di finanziamenti pubblici (quanto percepisce la ricerca pubblica sull’intero territorio nazionale) voluta dal governo Berlusconi, con Tremonti ministro dell’Economia, ideata e realizzata da Vittorio Grilli. Tale struttura è collegata al Ministero dell’Economia allo scopo di passare all’imprenditoria privata gratuitamente i risultati dell’attività di ricerca pagata dai contribuenti italiani. Questo istituto di ricerca ha un tesoretto di 500 milioni di euro nei conti correnti e in conti non fruttiferi presso la Banca d’Italia, sottraendo risorse alla ricerca e alle necessità della collettività. Il reddito di cittadinanza sarebbe una regalia a chi passa la giornata sdraiato sul divano di casa mentre Confindustria ha passato 60 anni minimo a sfruttare le risorse pubbliche senza dover rendere conto ad alcuno.
Voglio riportare ciò che ha detto a Bonomi Andrea Orlando in tempi non sospetti: “Quando li prendono gli altri li chiamano sussidi. Quando li prendi tu, sono contributi alla competitività”.
Nel 2016 sorge una fondazione privata equivalente all’Iit denominata Human Technopole, finanziata con denaro pubblico - percepisce annualmente 150 milioni di euro - i risultati della ricerca vengono devoluti gratuitamente all’imprenditoria che si guarda bene dall’investire nel settore (hai voglia di aspettare i nuovi posti di lavoro). Vediamo i reali intenti che sorreggono la nascita di questa fondazione nel 2016.
Il Comune di Milano realizzò l’Expo in una zona “un po' disagiata”: infatti era collocata tra due autostrade, un cimitero, un carcere e una landa abbandonata di terreni incolti che erano stati precedentemente acquistati a prezzi notevolmente alti con denaro pubblico, naturalmente. Completata la struttura fieristica il Comune bandì la vendita dei lotti limitrofi che andò deserta per ben due volte (se non sbaglio) provocando un grave deficit.
Lo stratega di Rignano, allora capo del governo, andò in aiuto all’amministrazione milanese con un progetto atto a rendere appetibile l’acquisto della vasta area invenduta: forniva un’idea e un finanziamento pubblico di 1,5 miliardi di euro per realizzare una mega speculazione edilizia dove la Fondazione di ricerca e tecnologia era il polo di attrazione per imprese di statura mondiale (Glaxo, Bayer, Bosch, …) che avrebbero dovuto trasformare un deserto in un giardino fiorito della ricerca mondiale in 10 anni. Il progetto di ricerca fu bocciato sia dal mondo della ricerca che dalle università di Milano (Bocconi, Bicocca) perché Renzi aveva posto la fondazione HP sotto la direzione dell’Iit diretta da Cingolani (due fondazioni private, finanziate con denaro pubblico, la Iti dipende dal ministero dell’Economia - la HT dipende dalla Iit) inoltre dovette ridurre notevolmente i finanziamenti che verranno redistribuiti alla ricerca di base.
Nel comitato di sorveglianza della Fondazione HT fanno parte: il ministro dell’Università e Ricerca Maria Cristina Messa, ex rettrice dell’Università la Bicocca di Milano; Marcella Pannucci capo del gabinetto del ministro Renato Brunetta alla Funzione Pubblica, ex direttrice generale di Confindustria e Daniele Franco ministro dell’Economia, ex direttore di Banca d’Italia. Questo è lo staff tecnico/ministeriale che dovrebbe traghettare l’Italia nel futuro. Questi personaggi, con tutti i loro titoli accademici e referenze non rappresentano la risposta alle serie problematiche e alle sfide che questo Paese si appresta ad affrontare. È il momento di lasciare spazio a persone che ristabiliscano gli equilibri naturali del vivere civile, che siano fonte di ispirazione per le giovani generazioni, che abbiano una immaginazione creativa che possa essere una guida per ridefinire il progresso.
Le varie componenti del Paese sono sbilanciate perché il modo di intendere l’economia e la politica sono ormai superati, sono divenute cause di divisione, di gravi sperequazioni, producono ingenti danni all’ecosistema, e tutto questo ha generato impoverimento, gravi danni alla salute, involuzione culturale e tensioni sociali.
Affinché nasca il nuovo, il vecchio deve essere abbandonato: purtroppo nel caso specifico il vecchio ha preso il sopravvento con un golpe bianco.