In attesa della bozza della legge di bilancio 2019, i commissari Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici hanno inviato al Governo italiano una lettera per informarlo che, in base alla nota di aggiornamento del Def, "gli obiettivi di bilancio rivisti dall'Italia sembrano puntare verso una significativa deviazione dal percorso fiscale raccomandato dal Consiglio."

Pertanto, Dombrovskis e Moscovici chiedono all'Italia di rivedere la bozza di legge di bilancio che verrà inviata loro entro metà ottobre, in modo che "sia coerente con le regole fiscali comuni", confermando la loro disponibilità ad un "dialogo costruttivo".

La Commissione Ue non ha atteso i contenuti della manovra per bocciarla. Già la nota di aggiornamento al Def è stata ritenuta sufficiente per lanciare un avvertimento all'Italia, nonostante che il Governo, in fretta e furia, fosse già ritornato sui propri passi, modificando il rapporto deficit Pil per gli anni 2020 e 2021 e rinunciando a circa 15 miliardi di ulteriore deficit.

I rappresentanti del Governo italiano nei giorni scorsi si solo alternati a spiegare ai loro elettori che dell' approvazione della Commissione europea ne faranno a meno. Alcuni ministri lo hanno fatto utilizzando argomenti e linguaggio civile, altri espressioni da bar dello sport, in linea con la propria educazione e le proprie capacità.

Difficile che la Commissione, guidata da un presidente definito "un ubriacone con cui è inutile discutere", potesse chiudere un occhio nei confronti di un Governo di cui fa parte un ministro autore di frasi simili.

Ed il Governo italiano, adesso che cosa farà? Lo ha spiegato il vicepremier Luigi Di Maio, facendoci sapere che dalla prossima settimana "inizierà una interlocuzione del ministro dell’Economia Giovanni Tria con l’Ue".

La manovra sarà rivista? Per nulla! "Deve essere chiaro a tutti i cittadini - ha proseguito Di Maio - che il Governo non arretra di un passo. [...]

Non c’è nessun piano B. Lo voglio spiegare benissimo, perché altrimenti a Bruxelles o nei mercati qualcuno si convince che questo Governo, se messo alle strette, arretra.

Proprio perché non vogliamo arretrare, proprio perché non vogliamo assolutamente tradire i cittadini italiani - perché arretrare significa non fare il reddito di cittadinanza, non fare superamento della Fornero o non tagliare le tasse alle imprese - non esiste un piano B.

Perché non si arretra, possiamo sistemare al meglio le coperture che abbiamo trovato. Tutti i piani B di cui sentite parlare o sono invenzioni dei giornali, o invenzioni di qualcuno che non rispecchia la volontà del governo."

In pratica, secondo Di Maio, il dialogo con l'Europa consiste nel fatto che a Bruxelles devono accettare ciò che l'Italia proporrà loro entro il 15 ottobre. Se non lo accetta, pazienza. Questo in sintesi il riassunto delle parole con cui Di Maio ha commentato la lettera di ammonimento dei commissari Dombrovskis e Moscovici.

Perché andare al muro contro muro con Bruxelles? Perché Salvini e Di Maio sanno che qualunque cosa decida questa Commissione non avrà comunque alcun valore, perché i due confidano che dopo le elezioni europee della prossima primavera, i "populisti" dell'estrema destra avranno un numero tale di parlamentari da riuscire a spostare a loro favore o quasi l'indirizzo politico della nuova Commissione Ue. In pratica, i due sperano che l'Europa diventi una roccaforte del populismo.

E sulla base di questa convinzione fanno spallucce agli avvertimenti che adesso ricevono da Bruxelles.

Una strategia vincente? Non tanto, come già nei giorni scorsi Mario Draghi ha spiegato a Mattarella. Il Governo ha deciso di andare alla guerra contro Juncker e i suoi commissari, ma il nemico che invece dovrebbe affrontare e combattere sono i mercati finanziari... ma non sembra che i ministri del cambiamento lo abbiano capito, nonostante siano corsi subito ai ripari dopo che lo spread ha toccato quota 300.

Se i mercati ritengono che la manovra aumenti il debito pubblico italiano e che gli investimenti per far ripartire l'economia non siano sufficienti - e finora questo è stato il giudizio - gli operatori finanziari giudicheranno il nostro debito pubblico poco affidabile, le agenzie di rating peggioreranno il loro giudizio, i titoli nelle aste sui BTP rimarranno invenduti, lo spread aumenterà e aumenterà la spesa per interessi che il nostro Paese dovrà pagare, con il relativo aumento dei costi per i fidi e per i mutui...

Insomma, un circolo vizioso che ha sullo sfondo l'inquietante immagine rappresentata dall'ancor più inquietante termine che la rappresenta: troika!

I "me ne frego" di Di Maio e Salvini sono, secondo loro, le armi sufficienti per affrontare la speculazione dei mercati? Quando lunedì riprenderanno le contrattazioni e lo spread, quasi certamente, inizierà a correre ben oltre quota 300,  i due penseranno ancora di dire "noi andiamo avanti dritti e sereni per la nostra strada?"

E questa storia dovrebbe poi andare avanti per otto mesi in attesa che anche i mercati, dopo il voto delle europee, capiscano finalmente che il vento è cambiato e che pure loro si devono adeguare? Una pia illusione, senza dimenticare che a gennaio l'Italia non avrà più neppure lo scudo della Bce a proteggerla dalla speculazione.

Quanto tempo impiegheranno i due personaggi che hanno in ostaggio il paese a comprendere che stanno combattendo il nemico sbagliato? E dopo aver causato quanti guai, che loro non pagheranno comunque, riusciranno alla fine a capirlo?