Nelle interminabili ore della propria testimonianza ai membri del congresso Usa, solo una domanda realmente interessante è stata fatta a Mark Zuckerberg: riguardava se fosse intenzionato o meno a cambiare il modello di business di Facebook per meglio proteggere la privacy dei propri utenti.

Zuckerberg, rivolgendosi alla deputata del partito democratico Anna Georges Eshoo che gli aveva rivolto la domanda, ha risposto di non averne capito il significato. E c'è da credere il perché.

Infatti, nella due giorni che ha coinvolto Zuckerberg nello spiegare quanto poco corretto fosse stato il comportamento di Cambridge Analytica nell'utilizzare i dati personali degli utenti Facebook - tramite post, fotografie e connessioni social - per poi catalogarli in gruppi e spedir loro pubblicità e messaggi mirati, l'amministratore delegato della società di Menlo Park, seppur indirettamente, ha ammesso che il modello di business di Facebook è da criticare e biasimare...

Inoltre, non bisogna dimenticare che le informazioni di cui dispone Facebook sono maggiori di quelle di cui ha fatto uso Cambridge Analytica... quindi se la società inglese è da biasimare, perché non dovrebbe esserlo anche quella statunitense, soprattutto per quello che potrebbe fare in futuro o potrebbe aver fatto in passato?

Possiamo sapere se Facebook abbia agito a favore o a sfavore di una determinata persona o azienda o Paese in relazione ad una determinata situazione in cui Facebook stessa avesse potuto avere un interesse diretto o indiretto?

È un problema che riguarda la privacy, l'antitrust, ma anche la sicurezza nazionale di un Paese, oltre che la democrazia. È un problema che riguarda Facebook e altre multinazionali del web che controllano un numero altrettanto enorme di dati ed utenti, e che già adesso, come dimostra la vicenda Cambridge Analytica, impone di essere risolto.

Se così non fosse, in futuro ciò rischierà di essere una spada di Damocle (ammesso che non lo sia già ora) sulle democrazie di tutto il mondo.