Alla Commissione finanze della Camera, in queste ore si sta discutendo del decreto sulle banche venete, concordato tra Governo e Banca Intesa per consentire a quest'ultima di acquisire le parti sane di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, lòasciando allo Stato crediti inesigibili e oneri di finanziamento.
L'iter del decreto non è però così scontato, con il governo che si è visto contestare l'ammissibilità di un emendamento che interviene sulla liquidazione ordinata dei due istituti.
Il testo, per come era formulato, non era conforme al regolamento dei lavori ed è stato ritirato "per rispetto al Parlamento", secondo le parole del sottosegretario al Tesoro Pier Paolo Baretta.
Ma i problemi non era unicamente formali. Infatti, se l'emendamento fosse stato approvato, Intesa San Paolo avrebbe avuto quattro anni anziché tre per retrocedere alle banche in liquidazione i crediti ad alto rischio non classificati in precedenza come attività deteriorate.
Con l'approvazione del decreto - di cui Banca Intesa aveva preteso che venisse votato in Parlamento senza essere modificato in nessuna delle sue parti - si prevede che il governo spenda oltre 5 miliardi per consentire a Intesa di acquisire le attività in utile dei due istituti. Inoltre, il Governo si impegna ad intervenire in futuro con ulteriori coperture nel caso sia ritenuto necessario per un valore tra gli 11 e i 12 miliardi.
La commissione dovrebbe concludere l'esame del decreto tra stasera e domani perché l'approdo in aula è previsto per lunedì 10 luglio ed è scontato che il governo porrà la questione di fiducia.
Un emendamento presentato dal relatore del Pd, Giovanni Sanga, estende gli indennizzi a tutti i risparmiatori che hanno acquisito obbligazioni subordinate entro il primo febbraio 2016 anziché il 12 giugno 2014, come prevede il testo licenziato da Palazzo Chigi. I rimborsi, esentasse, saranno a carico del sistema bancario italiano tramite il Fondo di tutela dei depositi, lo stesso meccanismo utilizzato per Banca Marche, CariFerrara, CariEtruria e CariChieti, i quattro istituti sottoposti a risoluzione nel 2015.
Un ulteriore emendamento, sempre presentato da Sanga stabilisce che gli ex amministratori delle due banche siano interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e dall'esercizio di professioni, nel caso i commissari esercitino azioni di responsabilità.
Ai membri di minoranza è stata negata la possibilità di audire, sulla vicenda delle banche venete, i vertici di Consob e Banca d'Italia in merito al (mancato) controllo sulle attività dei due istituti.