Stare accanto ad una persona depressa non è semplice.
Chi non l’ha vissuta non sa cosa realmente sia la depressione.
Spesso si pensa che è “depressa” quella persona scontrosa e di cattivo umore, annoiata e demoralizzata.
No. La depressione è tutt’altro.
La depressione è una malattia oscura, atroce, che ti logora l’anima e il corpo, una malattia che ti consuma giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, fino a far rimanere di te solo polvere e cenere.
Essere affetti da depressione vuol dire con avere la forza di alzarsi dal letto, letteralmente, perché senti ogni muscolo del tuo corpo atrofizzato, incapace di compiere anche il più semplice dei movimenti.
Essere affetti da depressione vuol dire sentirsi costantemente chiusi in una stanza vuota le cui pareti si stringono sempre di più, sempre più velocemente, fino a toglierti il respiro. Vorresti urlare, ma non ci riesci, vorresti fuggire, ma è impossibile.
E hai paura, tanta, sempre.
La paura diventa la tua unica compagna.
E così inizi ad avere paura degli spazi aperti, e paura degli spazi chiusi; inizi ad aver paura di ritrovarti in mezzo alla gente, e paura di restare da solo.
E iniziano le crisi di panico. Ovunque.
E inizi a non guidare più, per paura che improvvisamente i tuoi arti smettano di rispondere ai tuoi comandi proprio mentre sei alla guida, e smetti di leggere o andare al cinema, dicendo che non ti va, perché ammettere che la tua mente non è più in grado di mantenere la concentrazione per più di 15 minuti è troppo umiliante; e smetti di praticare sport, perché sei sempre troppo stanco; e smetti di perseguire qualsiasi obiettivo, semplicemente perché non ne sei in grado.
Ed ecco che nella tua mente inizia a circolare un unico, indelebile pensiero: “Che ci fai ancora qui? Ammazzati”.

Stare accanto a chi soffre di depressione non è semplice.
Subire tacitamente i suoi terribili scatti di ira; lasciarsi logorare da quegli interminabili periodi di assordante silenzio; sentire la persona che ami piangere per ore per poi osservare il suo volto spento e privo di emozioni.
Non sopportare di stare nella stessa stanza con lei, per poi temere per la sua incolumità anche quando si trova semplicemente nella stanza accanto.
E magari, quel corpo gelido che si trascina per casa fino a poco tempo prima era la tua energica figlia, o la tua radiosa moglie, o il tuo amorevole marito.
No, stare accanto ad una persona depressa non è semplice, per più di un motivo.
Primo fra tutti, perché non sai come comportarti, non sai cosa fare o cosa dire.
Guai a dire ad un depresso frasi del tipo <<Reagisci!>>, oppure <<Pensa a chi sta peggio>>, o ancora <<Credi di essere l’unico ad avere quei problemi?>>
Vi verrebbe mai in mente di dire ad una persona a cui hanno amputato una gamba <<Fattela ricrescere>>? Ecco, allo stesso modo è assurdo dire ad un depresso di reagire. Credete davvero che se ne fosse in grado, non lo farebbe da sé? Con queste parole, infatti, non si fa altro che aggravare la già fragilissima condizione del malato, convincendolo sempre di più che quella vocina nella sua testa dice il vero “Sei una nullità, ammazzati”.
E poi c’è l’altro motivo, terribile.
La solitudine.
Davanti alla depressione, infatti, tutti fuggono via, lasciando il malato e i pochi famigliari che gli restano accanto, in completa solitudine.
In fondo, come dar loro torto? La depressione fa paura, e tutti vorrebbero fuggire via. Ma non tutti possono, come non tutti possono fuggire via dal cancro o dall’AIDS. C’è chi è costretto ad affrontarla e chi, sempre troppo pochi, decidono di restare accanto al malato, condividendo con lui quel terribile senso di vuoto e di nullità.

Ma come fare per aiutare il depresso a guarire?
La risposta più scontata sarebbe quella di rivolgersi ad uno specialista.
Già.
Ed è qui che il nostro grandioso Sistema Sanitario Nazionale dà il meglio di sé.
Perché delle due: o puoi permetterti di pagare centinaia di euro a seduta per chissà quanto tempo, oppure ti affidi alla sanità pubblica, con un appuntamento di una ventina di minuti ogni tre/quattro settimane, sempre che nella tua città l’Asl offra questo servizio.
E subito arrivano loro, gli psicofarmaci, i lupi travestiti d’agnello che si insinuano nella vita del malato professandosi funi verso la guarigione, ma che facilmente diventano corsia preferenziale verso la fine.

No, stare accanto a chi soffre di depressione non è semplice.
Non è semplice, ma non è neanche impossibile.
So che è chiedere tanto, forse troppo, ma chi è affetto da depressione ha bisogno di sentirsi amato, non colpevolizzato, sostenuto, ascoltato, protetto, non oppresso, spronato ma mai accusato.
So perfettamente che restare accanto ad una persona abbruttita dalla malattia è difficile, so perfettamente che un sabato sera in giro per locali è decisamente meglio di un sabato sera sul divano col maglione intriso delle lacrime di quella che fino a poco tempo fa era il vostro dinamico amico. Ma questa è la vita.
Credete forse che quella persona, se avesse potuto scegliere, si sarebbe ammalata?
Ovviamente no.
Lo so, il compito di chi assiste un malato di depressione è difficile, ma molto spesso è la vostra capacità di aiutarlo o la vostra indifferenza a fare la differenza tra un malato guarito ed un malato morto suicida.