• Inserire le prestazioni infermieristiche nei livelli essenziali di assistenza, anche con indicatori per confrontare e misurare i risultati dell'assistenza infermieristica a livello nazionale.

  • Superare l'esclusività degli infermieri dipendenti per ampliare l'offerta assistenziale al territorio, con la massima attenzione al mantenimento dell'equilibrio del sistema.

  • Stop a modelli di assistenza basati su prestazioni limitate al caso specifico, sostituiti da modelli organizzativi per la presa in carico della persona e dei loro caregiver.

  • Prescrizione infermieristica di presìdi sanitari utili nella pratica assistenziale, farmaci di uso comune e/o per garantire la continuità terapeutica nelle cronicità.

  • E, ancora, un cambiamento radicale della formazione, con specializzazioni e percorsi universitari ad hoc in alcune aree: cure primarie e sanità pubblica; neonatologia e pediatria; salute mentale e dipendenze; intensiva e dell'emergenza; medica; chirurgica.

  • A lanciare oggi queste nuove proposte e idee, che saranno presto consegnate al Parlamento, è la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) perché, si legge in una nota, "il futuro della professione infermieristica dei prossimi vent'anni si disegna ora".

Queste le proposte emerse dalla Consensus Conference di Fnopi e frutto dell'impegno di un panel di 46 membri (23 infermieristici e 23 non), rappresentativi della sanità nazionale, che ha lavorato diviso in tre gruppi di lavoro per identificare: le nuove esigenze del Ssn; le strade per l'evoluzione della professione; la revisione del suo assetto formativo.

Al termine del lavoro è stata la volta di 16 esperti, riuniti in un Panel di Giuria, che hanno analizzato e sintetizzato il lavoro dei gruppi e identificato una serie di azioni che ora la Fnopi ha deciso di sottoporre alle istituzioni e alla politica "perché possano essere previste e realizzate".

Tra queste, un ruolo fondamentale è quello della formazione. Per la Fnopi occorre "aumentarne la qualità e incrementare i docenti universitari infermieri di ruolo per garantire qualità e non impattare negativamente su altri corsi di laurea attivi".

Ma anche "garantire l'evoluzione di conoscenze e competenze manageriali per i ruoli di direzione con percorsi distinti e successivi alla laurea magistrale, come master o corsi di alta formazione e realizzare la laurea magistrale a indirizzo clinico abilitante per un profilo con competenze avanzate e funzioni e attività specifiche distintive dal laureato triennalista (es. possibilità prescrittiva)".

Per la Fnopi il dirigente infermieristico deve infatti acquisire "una posizione di pari livello gerarchico con il management direzionale, in modo che possa partecipare alla funzione di direzione strategica dell'azienda sanitaria e governare l'intero processo assistenziale".

E, ancora, sempre sul versante della formazione, "prevedere scuole di specialità interprofessionali quali ad esempio nell'ambito delle cure primarie e sanità pubblica, cure palliative, geriatria e così via".

Per a Fnopi, poi, "è essenziale riconoscere nel sistema di remunerazione la specificità del ruolo agito dagli infermieri professionisti, visto che a oggi sono tra i meno pagati d'Europa".

E per far fronte da subito alla carenza di organici che "mette a dura prova le strutture e a rischio la qualità dei servizi", la proposta è quella di formalizzare "la figura e il ruolo di nuovi operatori sanitari, formati e gestiti dagli infermieri, da inserire nei setting assistenziali, certificati in un registro nazionale gestito dalla Fnopi, per tutelare i cittadini e le organizzazioni che fruiranno del loro intervento".

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A prescindere da altre considerazioni credo che questa proposta travalichi ampiamente le competenze degli infermieri. Se si vuole mettere un'ulteriore pezza al sistema sanitario, allora è comprensibile, ma applicandola andremo verso il baratro.

Che le professioni infermieristiche debbano avere un giusto riconoscimento è sacrosanto, ma se iniziamo a parlare di prescrivere farmaci o cure, allora attenzione... che qui rischiamo di farci del male.

 

Fonte: Quotidiano Sanità