Dal dopoguerra, passa qualche anno di relativa tranquillità, fino al caso che, si potrebbe dire, inaugura i tormenti sessuopolitici della prima repubblica. Sulla spiaggia laziale di Capocotta, nei pressi di Torvajanica, viene rinvenuto il corpo di una ventenne popolana, Wilma Montesi, che sembra rigettato dal mare.

Allora, senza DNA e cani molecolari, indagare doveva essere proprio difficile. Soprattutto se, poi,quella che sta per essere archiviata come disgrazia, si gonfia fino  sfasciare mezza Italia politica. E a mostrare che pantano diventa subito l’agorà nostrana, dove una povera disgraziata , da morta, riesce a far traballare poltrone, governi, a rovinare carriere e famiglie.

Su insistenza di alcuni giornalisti, anzi soprattutto di uno, e incoraggiata dall’opposizione di sinistra – ma ben cavalcata dai missini allora fascisti prontamente riciclatisi,- si fa strada un’altra opzione, questa: Wilma , fidanzata di un poliziotto e prossima alle nozze, in realtà ha una doppia vita. La notte prima del ritrovamento ha partecipato a un festino a base di sesso e droga nella vicina  tenuta di Attilio Piccioni, ministro degli esteri e vice presidente del consiglio democristiano, particolarmente gradita al figlio di questi, il valente musicista  trentaduenne Piero Piccioni; ma qualcosa è andato storto e la sventurata è stata scaricata alla bell’e meglio sulla battigia dove, già stordita dai bagordi, sarebbe poi annegata.

Figurarsi il clamore, la voracità dei media di allora – radio e giornali: la televisione ancora non c’è, arriverà l’anno dopo. In molti si fregano le mani, pensando a un bel giro di walzer di cariche, perché ovviamente scoppierà un putiferio e il ministro dovrà dimettersi. 

In effetti, la bagarre è assicurata, dal PCI si levano cori di indignazione e, a beneficio dei democristiani, si conierà l’epiteto di “capocottari”.

I  principali protagonisti dell’affaire, da parte vip,  sono:

Il citato notabile DC; il predetto figliolo, tra l’altro noto playboy e fidanzato con Alida Valli; una avventuriera di nome Anna Maria Moneta Caglio, che diventerà la principale testimone d’accusa, forse per vendicarsi dell’ ex amante , proprietario della tenuta,  marchese Ugo Montagna ( non ridete, non siamo in Fantozzi); il questore di Roma Polito.

Dal lato Montesi abbiamo due affranti genitori (padre falegname); un fidanzato allibito ( e sicuramente canzonato in caserma); una sorella che rischia a sua volta il fidanzamento; uno zio che dovrà uscire allo scoperto, perché accusato di avere un debole per la defunta nipote.

E’ un momento politico difficile, si deve approvare la legge elettorale “truffa” ( corsi e ricorsi!), quindi scatta la guerra di tutti contro tutti, quel teatrino che ormai conosciamo e aborriamo, ma non cessa.

Come detto, i comunisti accusano impietosi; i democristiani sono intenti a negare qualsiasi complotto di correnti ( lo assicura, tra gli altri,  un certo Giulio Andreotti);  i missini mettono prontamente sotto accusa il sistema democristo-comunista e la decadenza del nuovo regime ( con insinuazioni nostalgiche); socialisti, liberali e cespugli vari se la prendono un po’ con chiunque, secondo necessità e opportunità.

E’ un ginepraio, che andrà riassunto giocoforza a grandi linee.

 Si fronteggiano due ipotesi, la prima: Wilma, che lamentava da giorni un’infiammazione cutanea a un piede, sarebbe andata al mare per un pediluvio, efficace a farla guarire ( allora così si faceva, non antibiotici subito!); la seconda, quella dell’orgia.

Per un po’ imperversa quest’ultima, anche perché spuntano strani testimoni disposti a giurare su quei baccanali e sulla partecipazione della Montesi. Esami autoptici assicurano che la giovane era vergine, ma si disquisisce a lungo della sabbia vaginale che, secondo alcuni luminari, avrebbe escluso l’illibatezza (!); la sorella, protestandosi estranea a quel mondo, va dal ginecologo per rassicurare il promesso sposo, portandogli il certificato di integrità fisica ( da non credere).

 La mamma, convinta forse in buona fede,  si attacca al particolare che alla figlia manca il reggicalze (accessorio allora d’obbligo), che per un pediluvio non era indispensabile levarsi ( ma, sorge l’obiezione, il mare spoglia facilmente i corpi che annegano).

Passa il tempo, fino al processo che culminerà, nel 1957, con l’assoluzione generale, per insufficienza di prove; ma non senza aver fatto, nel frattempo,  vittime.

Per Attilio Piccioni, carriera finita. La legge truffa non è passata, e i consensi per la Democrazia Cristiana hanno registrato un vistoso calo; uno degli avvocati coinvolti nel caso, che per coincidenza è comunista, viene beccato in una casa d’appuntamenti a far strani giochetti con sua moglie, e dunque il partito, da accusatore, diviene accusato; lo zio di Wilma, per discolparsi, deve mettere sul tavolo il suo alibi e ammettere di essersi trovato in compagnia della sorella della fidanzata ( immaginarsi le scene); la famiglia Montesi va in declino per lo scandalo, anche se alla fine tutto viene catalogato sotto la voce pediluvio-con malore- e scivolamento in acqua. Il questore di Roma viene indicato come insabbiatore ufficiale della verità, si dimette anche  il capo della polizia. Scalatrici sociali, aspiranti stelline, manutengoli, cercano di farsi dimenticare e si devono allontanare, per un po’ o per sempre, dal bel mondo.

Bene o male, emerge solo Piero Piccioni. Salvato dalla testimonianza della Valli, che assicura di essere stata in sua compagnia e da tutt’altra parte al momento della disgrazia, grazie alla sua professione, prosegue il cammino brillantemente, soprattutto come autore di colonne sonore. Non mancano qualche apparizione televisiva e la ribalta gossip grazie alla relazione con la bluebell inglese Gloria Paul, che aveva trovato successo in Italia e gli da un figlio. Piccioni è mancato nel 2004.

Il copione è di quelli noti: storie torbide, bel mondo, figurette ambigue, vip, politica, spettacolo. Oggi questi nomi non dicono più molto, ma allora era roba forte. Il clima politico però non sembra cambiato: un odio inveterato tra fazioni, che pesca nelle sentine più maleodoranti. Foto, Il Corriere della città.