Nell'intervista che alcuni anni fa mi rilasciò Luca Mercalli, (www.psiconline.it/articoli/le-interviste-di-psiconline/intervista-con-luca-mercalli-climatologo.html), il climatologo che molti ricordano per la sua partecipazione alla trasmissione televisiva Che tempo che fa, citava Nicholas Georgescu-Roegen, l'economista e statistico rumeno, fondatore della bioeconomia e teorico della decrescita (www.bollatiboringhieri.it/libri/nicholas-georgescu-roegen-bioeconomia-9788833914671) e la sua idea sulla necessità di  ritrovare una maggiore sobrietà nei consumi, perché il nostro stile di vita è incompatibile con il rinnovamento delle risorse naturali.

A margine di un convegno al Muvita di Arenzano, cui Mercalli mi aveva invitato a partecipare per parlare di come le scienze sociali possono collaborare con le scienze fisiche e i decisori politici per incoraggiare le persone ad assumere stili di vita più sostenibili per il nostro pianeta, mi chiedeva e si chiedeva come fosse possibile che le persone non cogliessero la portata della gravità dei cambiamenti climatici in corso e non si attivassero.

Ho continuato a farmi questa domanda nel tempo e oggi penso che i motivi siano due:

  • la fiducia nelle straordinarie capacità di adattamento della nostra specie, per cui si tende a pensare che ci adatteremo, in qualche modo faremo,

  • la tendenza a pensare che le conseguenze catastrofiche saranno lontane da noi e che non ci toccheranno direttamente.


È possibile che troveremo nuove forme di adattamento, anche se le nostre capacità di adattamento sono straordinarie ma non illimitate. Ma pagheremo un costo altissimo in termini di vite umane e qualità della vita. 

Ed è anche purtroppo molto probabile che le conseguenze più catastrofiche riguarderanno i paesi più poveri e meno sviluppati dal punto di vista tecnologico.

Questo, però, non dovrebbe indurci a disinteressarci alla questione, se non per motivi etici, almeno per la consapevolezza che ogni cambiamento catastrofico in un'area del mondo, riguarda tutti, perché comporta conseguenze catastrofiche, anche se in alcuni casi attutite, su scala globale.

Insomma, sul piano collettivo, come su quello individuale, la negazione della realtà, può comportare un beneficio illusorio in un primo momento, distraendoci da emozioni spiacevoli e preoccupazioni, ma comporta costi molto elevati sulla lunga distanza.

Costi che abbiamo già cominciato a pagare.