E adesso il PD cerca di far passare la sua verità sul perché abbia dimissionato Marino
Ignazio Marino, anche se non in modo eclatante rispetto a quanto ci si potesse attendere, dopo l'assoluzione dalle accuse di peculato ha iniziato il suo percorso di rivalsa nei confronti della politica in generale e del PD in particolare.
I democratici renziani che hanno posto fine alla sua esperienza politica attiva, anche se non sappiamo per quanto tempo ancora, hanno accolto la notizia della fine dei guai giudiziari di Marino con un certo fair play, ma c'è da scommettere che avrebbero preferito che i fatti fossero andati diversamente.
Adesso i renziani sono costretti a puntualizzare e a difendersi. Se invece Marino fosse stato processato e magari condannato avrebbero potuto dire: avete visto perché lo avevamo cacciato? Adesso hanno qualche problema.
Marino ha ricordato che non è stato sfiduciato in Aula secondo la normale prassi politica. La sua esperienza da sindaco si è conclusa da un notaio! Un atto insolito, ma che rientra perfettamente nella logica renziana del colpire senza lasciare tracce anche se tutti sanno chi sia il mandante.
Marino non era il sindaco di Renzi e non poteva diventarlo, perché Marino non poteva essere imbrigliato e governato: lo si potrà accusare di tutto, ma non che sia un burattino. E questo per il PD di Renzi era sicuramente un problema, ma non il solo. L'altro è stato l'aver tentato di mettere in pratica il programma con cui si era presentato e su cui era stato votato ed eletto per diventare sindaco di Roma.
Chiudere Malagrotta e riorganizzare le municipalizzate togliendo gli incarichi alle persone indicate dai partiti, affidandoli a dei veri manager, era una scommessa pericolosa, perché si andavano a toccare non solo singole poltrone, ma interessi enormi che comprendono anche i bacini elettorali.
La campagna stampa che ha accompagnato l'esperienza di sindaco di Marino ne è la palese riprova. Qualunque fatto accadesse a Roma era colpa di Marino. Miracolosamente, una volta che il commissario Tronca si è insediato, di Roma sui giornali non si è più parlato. Solo quando Virginia Raggi è diventata sindaco il can can è ripreso. Come si può parlare di casualità?
L'Unità, ovviamente, cerca di attestare un'altra versione, affermando che "lo scontro fra Marino e Pd ha avuto gli esiti drammatici che conosciamo. La sua assoluzione per la vicenda delle spese di rappresentanza è una buona notizia, ma ha poco a che fare con la conclusione negativa dell’esperienza di governo romano di centrosinistra fra 2013 e 2015. Tanti errori sono stati fatti e forse è arrivato il momento che anche Ignazio Marino, grazie alla serenità riconquistata da ieri, riconosca i suoi."
Secondo l'Unità, "è stato il governo Renzi a riconoscere al Campidoglio gli extra-costi derivanti dalle funzioni di Capitale, 110 milioni: una richiesta che gli amministratori di Roma avanzavano da almeno 25 anni. E sempre quel governo ha dato a Roma le risorse richieste dalla giunta Marino per il Giubileo, più di 200 milioni, arrivate nei primi mesi del 2016."
Peccato che, almeno per quanto riguarda il Giubileo, quei soldi sono stati stanziati solo dopo che Marino è stato dimesso! Anzi, non sembrava neppure che degli stanziamenti per il Giubileo fossero previsti.
Il presidente del Partito democratico Matteo Orfini prova anche lui a ribadire la tesi dell'incapacità: «Ne abbiamo chiesto le dimissioni - e questo abbiamo sempre detto - per la sua incapacità a risolvere i problemi di Roma. Incapacità alla quale ancora paghiamo un prezzo altissimo: quante volte in questi primi mesi di opposizione quando abbiamo segnalato dei problemi ci siamo sentiti rispondere con rabbia "la città è così ridotta anche per colpa vostra che quando l'avete amministrata non avete risolto niente"?»
In pratica, Orfini cerca di attribuire a Marino le critiche che il PD ha ricevuto per Mafia Capitale, le cui origini si possono far ricadere addirittura alla giunta Veltroni, sulle spalle di Marino che, perlomeno, quel sistema ha svelato ed ha contribuito a combatterlo.
E poi Orfini si stupisce se, andando in giro per le periferie di Roma, le persone minacciano quasi di mettergli le mani addosso. La "narrazione" renziana della realtà è ridisegnare i fatti in base alla propria convenienza... ma c'è un limite a tutto. Soprattutto alla decenza. INutile poi stupirsi se la gente è arrabbiata.