Il caso Margherito (1ª parte)
Qui riporto testualmente parti delle deposizioni dei testi a carico e dell’imputato reo di non condividere le strategie d’intervento del secondo reparto della Celere. Quelli erano anni tremendamente difficili e, con il senno del poi, si può affermare che noi cittadini siamo stati messi sul piatto dei “giochi di potere”.
All’interno della DC era in atto uno scontro feroce tra Andreotti e Cossiga per far saltare il “compromesso storico” tra il PCI e la DC, vittima sacrificale fu Aldo Moro che venne eliminato con il placet anche degli americani. Ho ascoltato la registrazione delle deposizioni del processo a carico di Salvatore Margherito e ho deciso che era opportuno riportarne le trascrizioni, leggerle le reputo estremamente interessanti perché non danno vita a dietrologie ma tracciano un quadro crudo e inquietante di una parte delle istituzioni sulle quali è scesa una pesante coltre di polvere che ha celato molte verità scomode. Fin quando è possibile è bene munirci di un potente aspirapolvere per pulire fin negli angoli più difficili e portare in luce ciò che si nasconde sotto facendo attenzione affinché non vi si depositi di nuovo altra polvere.
Il capitano Salvatore Margherito viene arrestato il 24 agosto del 1976, dopo meno di un anno da poliziotto. Era entrato in servizio, infatti al 2° Celere, il 1° ottobre ’75.
Il giorno prima dell’arresto ha dichiarato ai giornali: “Il nostro è un mestiere violento, ma non vogliamo più mettere a ferro e fuoco le città, ma inserirci nella realtà che ci circonda”. L’imputazione è: attività sediziosa.
Margherito contrattacca, comincia a parlare, traccia un quadro spietato del 2°Celere. La procura militare si affanna allora a cercare nuove accuse, e il 1° settembre lo incrimina anche per “violata consegna” e “diffamazione aggravata” alle istituzioni militari. Non riesce però a evitare che le accuse si ritorcano contro sé stessa e la giustizia militare in generale. Così, dopo 15 giorni l’istruttoria, condotta con rito sommario, viene chiusa frettolosamente.
Il processo si apre mercoledì 15 settembre e si chiude il 28 settembre con la condanna di Margherito a 1 anno, 2 mesi e 20 giorni di reclusione. Il giorno dopo è stato sospeso dal servizio e dal grado.
Caricate, stronzi.
“Margherito”: “Prendiamo la circostanza di Roma. Mi ricordo che stavamo al palazzo dello sport all’EUR, per il congresso della DC. Tutto il palazzo era circondato da ingenti forze di polizia con elicotteri che sorvolavano la zona; squadra politica; staffette della polizia stradale; c’era addirittura la Guardia di Finanza e nonostante tutto un gruppo di extraparlamentari, così definiti, si incanala e si avvicina verso l’ingresso principale del palazzo dello sport. Là, all’improvviso, venne il funzionario e mi ricordo che disse: “per favore, tenente, appronti gli uomini che forse ci sarà un intervento. Io appronto gli uomini come prescritto da consegna, lasciando una aliquota per difendere i mezzi, prendendo quelle misure normali… Appena questi manifestanti hanno accennato ad uno slogan, si avvicina un signore in borghese e grida: “caricate, caricate, stronzi!”. “Ma lei chi è?”. “Non si preoccupi. Carichi, carichi! Li ammazzi di botte!” Sono rimasto esterrefatto. “Si qualifichi. Chi è?”. “Ah, io sono il vicequestore tal dei tali” (…)
“Presidente”: “Ma il funzionario che stava vicino a lei?”
“Margherito”: “Scusi posso continuare?”.
“Presidente”: “Vuol sempre continuare lei. Quel funzionario che stava vicino a lei col quale aveva preso contatto. Gliel’avrà detto: questo è il vicequestore?”.
“Margherito”: “No, no”.
“Presidente”: “Avrà dato l’ordine al funzionario che era vicino a lei”
“Margherito”: “No, non lo diede neanche a me, ma direttamente alle guardie questo incitamento. Infatti, cosa successe? Che ci fu una cosa affrettata data la nostra indecisione, perché c’era indecisione del commissario di fianco a me, perché neanche lui in coscienza vedeva l’utilità di questa azione di forza. Questo signore in borghese che non conoscevo…”
“Presidente”: “Ma il signore vicino a lei…”
“Margherito”: “No, no. Quel tizio vicino a me diceva addirittura: “No, stia calmo. Non lo stia a sentire! Non lo stia a sentire che quello esagera sempre!”.
(risata)
“Sono circostanze documentate. È un mio rapporto presso la caserma.
Tra quello che gridava “caricate”, l’altro che diceva “calma”, c’è stato un attimo di incertezza e questi signori sono scappati tutti. (…)
Tutto il servizio d’ordine del partito tra cui lo stesso commissario che era con me prima e si era manifestato indeciso fino all’ultimo, scavalcarono le transenne… e li massacrarono di botte. Io feci presente al vicequestore: “Scusi, non credo sia corretto il vostro comportamento!”. “No, non si preoccupi sono affari nostri”. “Ma come sono affari vostri?” Gli uomini riuscirono a scappare e restò soltanto una ragazza tutta insanguinata. Quindi, ordinai, nonostante tutto di eseguire una seconda carica e qualche manganellata se la beccò anche qualche funzionario in testa, qualche carabiniere e tutti i congressisti della democrazia cristiana. Quella ragazza la feci mettere su una macchina e trasportare all’ospedale…”
Il 2° Celere
Da trent’anni su tutte le piazze d’Italia, il gioiello della polizia scelbiana, il 2° Reparto Celere di Padova, è stato costituito nel ’47 (gli altri tre raggruppamenti Celere sono di stanza a Roma, Milano, Napoli). È stato allevato dal generale Galli, ex membro della polizia fascista nell’Africa Orientale “italiana” (PAI) capo della polizia nel Veneto nell’immediato dopo-guerra e poi alla Divisione Forze Armate di Polizia; e dal capitano Genco, anch’egli ex della PAI. La storia di questo reparto è esemplare della ferocia repressiva dello stato democristiano. Basta citare gli episodi più clamorosi e più recenti, parte integrante del curriculum di quegli “anziani” del reparto che saranno poi gli accusatori di Margherito.
“7 luglio ’62”, strage di Reggio Emilia (governo Tambroni): cinque morti decine di feriti gravi.
“7 luglio ’62”, Torino: assalto di Piazza Statuto agli operai della FIAT in sciopero; la violenza è inaudita, dal 7 al 9 luglio si contano 491 fermati, di cui 90 tramutati in arresti.
“Fine anni ’60”, guerra al banditismo in Sardegna: “ancora oggi – scrive “Panorama” (7 settembre ’76) – in Barbagia ricordano le stragi ingiustificate di pecore e i rastrellamenti all’alba di interi paesi, mitra alla mano”.
“Dal ’68 in poi” il 2° Celere è presente in punti caldi della contestazione e delle lotte operaie. Il 19 aprile ’68 carica selvaggiamente a Valdagno gli operai della Marzotto; si spara anche con i mitra. Nel ’70 è impegnato a Reggio Calabria. Il 15 agosto ’70 spara a Porto Marghera. L’11 marzo ’72 a Milano, a una manifestazione di extraparlamentari, ci scappa il morto: un candelotto del 2° Celere colpisce in faccia il sessantenne Giuseppe Tavecchio.
“Il 5 agosto ’73, in occasione della marcia antimilitarista dei radicali, il 2° Celere interviene durante il sit-in davanti al carcere militare di Peschiera: manda una guardia ubriaca a distribuire manganellate tra i marciatori e per giorni si dà la caccia all’uomo. La serie degli “interventi” del Reparto potrebbe continuare a lungo: realisticamente, Pannella ha parlato di “scuola di assassinio”.
Ma c’è di più: Margherito ha rivelato che il Reparto è un campionario quasi completo di reati comuni: furto, ricettazione, rapine, sfruttamento della prostituzione: “Ormai eravamo talmente abituati a questi fatti che nessuno si scandalizzava più. La media delle persone che si mandavano in tribunale era di una-due al mese, mentre per una buona percentuale si chiudeva un occhio, se no venivano fuori cifre scandalose”.
Sul piano politico, Margherito ha raccontato che parecchie guardie hanno rapporto amichevoli con ambienti dell’estrema destra.
“Lo feci presente al comando, informando che questi contatti erano qualcosa di più di agganci, ma si trattava di vita in comune… Feci nomi precisi e consigliai l’allontanamento delle guardie compromesse. È gente decisa a tutto. Il Comando, però, faceva finta di non sentire e di non vedere”.
“Quante erano queste guardie ammanigliate con i fascisti padovani?”
“Venti trenta su duecentocinquanta… Un numero considerevole. Non nascondevano per niente la propria adesione all’ideologia di destra. Qualcuno di loro è arrivato anche a qualcosa di grave. Su una guardia, ad esempio, abbiamo avuto una segnalazione da parte di una prostituta che denunciò il fatto che la guardia aveva procurato delle armi ai fascisti e si stava dando da fare per procurare anche dell’esplosivo per preparare degli attentati”.
“A che periodo risalgono questi fatti?”
“A circa tre mesi fa, cioè verso aprile di quest’anno”.
“A chi riferì le informazioni la prostituta?”
“In questura, ma sui giornali non è apparso niente”.
“E’ stato messa a tacere tutta la faccenda?”
“Il caso non è neanche sorto. La guardia, con altri pretesti, è stata tolta dalla circolazione e incriminata per reati pretestuosi… Ma al Comando già si sapeva dell’attività di questo ragazzo. Se fossero andati prima a fargli una perquisizione gli avrebbero trovato in casa parecchia roba compromettente. Infatti, quando era troppo scomodo, è stato firmato un mandato di perquisizione e gli hanno trovato varie armi. Finì a Peschiera”.
“Quale la risposta quando denunciasti al Comando l’attività della guarda?”
“Mi risposero che in ordine pubblico la guardia andava benissimo, che magari fossero tutti come lui…”