Siria: i ribelli conquistano Hama, il regime di Assad è a rischio?
Siria: i ribelli conquistano Hama, colpo devastante per il regime di Assad
Giovedì, i ribelli siriani hanno conquistato la città di Hama, segnando un ulteriore punto di incredibile rilievo a proprio favore nella sorprendente offensiva partita solo una settimana fa dal nord della Siria. Questo successo rappresenta un duro colpo per il presidente Bashar al-Assad e i suoi principali alleati, Russia e Iran.
Dopo anni di stallo lungo linee del fronte congelate, la scorsa settimana i ribelli hanno lanciato un'offensiva fulminea che ha portato prima alla rapida conquista di Aleppo e adesso a quella di Hama. Questa città, situata in una posizione strategica tra Aleppo e Damasco, non era mai stata conquistata dai ribelli nei 13 anni di guerra civile. La sua cattura rappresenta una svolta, compromettendo le capacità di Assad di lanciare una controffensiva immediata.
L'esercito siriano ha dichiarato di essersi ritirato da Hama per "preservare la vita dei civili e prevenire combattimenti urbani". Tuttavia, la rapidità con cui i ribelli hanno preso la città evidenzia la fragilità del controllo governativo nel nord del paese.
Hama non è solo un punto chiave da un punto di vista geografico, ma è anche cruciale per il controllo di aree con importanti comunità appartenenti a minoranze religiose, come i cristiani di Muhrada e i musulmani ismailiti di Salamiya. Inoltre, un'ulteriore avanzata dei ribelli verso Homs, 40 km a sud di Hama, potrebbe tagliare l'accesso al mare a Damasco, roccaforte della setta alawita di Assad e sede di basi strategiche russe.
Secondo medialocali, "la battaglia per Homs potrebbe rappresentare un punto di svolta per il regime. Se Homs cade, si potrebbe parlare di un potenziale cambio di regime".
La situazione critica del regime di Assad riflette un indebolimento del sostegno da parte dei suoi principali alleati. La Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, ha ridotto la propria attenzione sulla Siria, mentre Hezbollah, fondamentale per le operazioni sul campo di Assad, ha subito perdite significative nei recenti scontri con Israele. Nonostante ciò, il nuovo leader del gruppo libanese, Naim Qassem, ha promesso di continuare il sostegno alla Siria.
Parallelamente, l'Iraq ha mobilitato la coalizione paramilitare Hashd al-Shaabi lungo il confine con la Siria, ufficialmente per scopi preventivi. A scanso di equivoci, il comandante ribelle Abu Mohammed al-Golani (nella foto) ha avvertito l'Iraq di non interferire nel conflitto, sollecitando il primo ministro iracheno a non intervenire.
I ribelli, guidati principalmente da Hayat Tahrir al-Sham (HTS, Comitato di liberazione del Levante, formazione militante salafita ), stanno consolidando il loro dominio nelle aree conquistate. HTS, ex affiliata di al-Qaeda, cerca di presentarsi come una forza moderata, dichiarandosi contraria agli attacchi fuori dalla Siria e promettendo protezione alle minoranze religiose. Tuttavia, rimane inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche di Turchia e Occidente.
Le immagini di ribelli che celebrano la presa di Hama e liberano detenuti dalla prigione locale hanno fatto il giro dei media internazionali, segnando una simbolica rivendicazione di giustizia per i massacri del 1982, quando il padre di Assad represse violentemente una rivolta nella città, causando oltre 10.000 morti.
L'avanzata ribelle ha provocato nuove emergenze umanitarie. Secondo le Nazioni Unite, 280.000 persone sono fuggite dalle loro case. Ad Aleppo, sotto il controllo dei ribelli, si registrano carenze di beni essenziali come pane e carburante, mentre i servizi di telecomunicazione sono stati interrotti.
Il segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres, ha sottolineato l'urgenza di garantire un accesso umanitario immediato e di riprendere i negoziati per una soluzione politica al conflitto.
La Turchia, storico sostenitore di alcune fazioni ribelli, avrà un ruolo cruciale nel futuro della regione. Pur negando un coinvolgimento diretto nell'offensiva, Ankara potrebbe beneficiare del successo ribelle, facilitando il ritorno di rifugiati siriani ora presenti in territorio turco, un obiettivo centrale per il governo di Recep Tayyip Erdogan.