Il giorno della sua investitura a segretario del Partito Democratico, Enrico Letta dichiarava:
"Dobbiamo mettere insieme l'anima e il cacciavite e non staccarle mai. Abbiamo bisogno di sapere qual è la vite da girare per mettere insieme valori e cose pratiche. Dobbiamo essere progressisti nei valori, riformisti nel metodo e avere la radicalità nei comportamenti individuali di ognuno di noi. Io oggi mi candido a nuovo segretario del Pd. Ma so che non vi serve un nuovo segretario, l'ennesimo. Ma vi serve un nuovo Pd. Io scelgo il Pd, perché stavo facendo altre cose. Io ci sono, perché ritengo che questa sfida sia essenziale. Lo è per l'Italia e per l'Europa".
A riprova che tra il dire e il fare c'è sempre di mezzo il classico mare, la radicalità e le novità annunciate da Letta hanno trovato la loro prima rappresentazione nella scelta del vicesegretario, anzi dei due vicesegretari, Irene Tinagli e Peppe Provenzano.
Ho chiesto a @itinagli e @peppeprovenzano di affiancarmi, come #ViceSegretari del @pdnetwork.
— Enrico Letta (@EnricoLetta) March 17, 2021
Il neo Salomone dem ha così accontentato tutti, sia chi guardava alla parità di genere, sia chi guardava al correntismo: una donna e un uomo, una (ex?) renziana e un allievo di Emanuele Macaluso, quindi più orientato a quello che era il PCI.
Irene Tinagli è presidente della Commissione Affari Economici del Parlamento Europeo. Nata a Empoli 46 anni fa, economista, si è specializzata negli Stati Uniti, ha insegnato a Madrid e nel 2008 partecipò alla fondazione del PD, come componente dell’Assemblea Costituente e della Commissione che redasse lo Statuto, salvo poi uscirne pochi mesi dopo. Si riavvicina alla politica nel 2012 attratta dalle scelte di Mario Monti e alle politiche del 2013 viene eletta con Scelta Civica, che poi abbandona, sedotta dal Pd di Matteo Renzi. Nel 2019 viene eletta in Europa come rappresentante del Partito Democratico.
Peppe Provenzano, siciliano di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, dove è nato 39 anni fa non è solo "roscio" di capelli, ma anche di fede politica. Oltre ad essere allievo di Macaluso, come detto in precedenza, nel 2018 rifiutò la candidatura alle politiche, in polemica contro i criteri, da lui definiti padronali e nepotistici, dell'allora segretario Renzi.
Questa la reazione di Irene Tinagli alla notizia:
Grazie Enrico! Sono emozionata ed onorata: è una grande sfida, ma tutti insieme potremo ripartire e dare un contributo importante al nostro Paese e all'Europa. https://t.co/3SwadhXw52
— irene tinagli (@itinagli) March 17, 2021
Questa, invece, la reazione di Peppe Provenzano:
Grazie Segretario! Ora al lavoro, anima e cacciavite per costruire un PD più aperto e più forte, in un'Italia più giusta, coesa, migliore. La bussola ce l'abbiamo, è l'articolo 3 della Costituzione. https://t.co/DJo3bgCTh9
— Peppe Provenzano (@peppeprovenzano) March 17, 2021
Questa prima decisione, se vista come inizio di un nuovo percorso per il Partito Democratico, appare alquanto deludente. Al contrario, se invece la vogliamo interpretarla come un ulteriore passo avanti nel decennale sforzo del PD di diventare, di fatto, la Democrazia Cristiana del XXI secolo, allora è da considerarsi logica, perfetta, inappuntabile.
L'unico problema, che si protrae fin dalla nascita del PD e che tuttora sussiste, è però quello di spiegare agli elettori che tipo di partito vuole essere, perché il tentativo aggrapparsi alla giustificazione di una vocazione maggioritaria che consenta di rivolgersi a "tutti" gli elettori, nel concreto, si è dimostrato fallimentare.
E se questa è la via che Letta vorrà percorrere, è difficile, se non impossibile, che a sinistra il PD possa trovare nuovi voti, mentre a destra ci sono forze politiche che già rappresentano al meglio (o al peggio, in base al punto di vista) ciò che una parte di italiani cerca nella politica.
Pertanto, se il buongiorno si vede dal mattino, il futuro del PD è tutt'altro che roseo.