"Seguo con particolare preoccupazione gli eventi che stanno accadendo a Gerusalemme. Prego affinché essa sia luogo di incontro e non di scontri violenti, luogo di preghiera e di pace. Invito tutti a cercare soluzioni condivise affinché l’identità multireligiosa e multiculturale della Città Santa sia rispettata e possa prevalere la fratellanza. La violenza genera solo violenza. Basta con gli scontri".

Queste le parole di papa Francesco pronunciate domenica in Piazza San Pietro dopo la preghiera del Regina Coeli. Parole, però, prive di significato per il premier Netanyahu, che oggi ha respinto qualsiasi appello e "pressione" alla moderazione, rivolto allo Stato di Israele dalla comunità internazionale.

"Respingiamo con fermezza le pressioni per formare la costruzione di nuovi insediamenti  a Gerusalemme. Con mio rammarico, queste pressioni sono aumentate negli ultimi tempi", ha detto Netanyahu durante un discorso televisivo alla vigilia del 10 maggio, giorno in cui lo Stato ebraico celebra la  guerra del 1967."Dico anche al migliore dei nostri amici  - ha proseguito il premier israeliano - che Gerusalemme è la capitale di Israele e così come ogni nazione costruisce nella sua capitale e costruisce la sua capitale, anche noi abbiamo il diritto di costruire a Gerusalemme e di edificare Gerusalemme. Questo è quello che abbiamo fatto ed è quello che continueremo a fare".

Le parole di Netanyahu fanno seguito ai disordini che da giorni si verificano a Gerusalemme est per l'ennesimo furto di case di palestinesi ad opera di ebrei israeliani che si vuole perpetrare nel quartiere di Sheikh Jarrah.

Anche sabato notte si sono registrati scontri tra polizia israeliana e palestinesi intorno ad Al-Aqsa, la terza moschea più sacra dell'Islam, con lanci di pietre a cui la polizia israeliana ha risposto con granate assordanti e cannoni ad acqua. 90, stavolta, i palestinesi feriti, di cui 14 hanno dovuto far ricorso a cure ospedaliere.

Netanyahu ha detto che Israele consente la libertà di culto ma non sarà a nessun estremista di disturbare la pace a Gerusalemme.