Che i fatti di Bari sarebbero esplosi in una feroce contesa politica anche a livello nazionale era cosa facilmente prevedibile e non occorrevano particolari arti divinatorie.
Poiché non bisogna dimenticare che quella di strumentalizzare i primi esiti di indagini, peraltro ancora in corso, per farne tema di aspra lotta politica è ormai una vecchia consuetudine. Pessima abitudine ma sempre più praticata ad ogni tintinnar di manette. Basta che siano quelle dell’avversario e siano utili in quel momento politico. Insomma, il garantismo diventa sempre un tema di convenienza a giorni alterni. Oggi sì, domani no, quì si, lì no!
Ora, quanto è successo a Bari non è proprio una cosa di poco conto. L’avvocato Laforgia, uno dei candidati alle primarie del centrosinistra barese, ha saggiamente detto che non si può far finta che non sia successo nulla. Certo, il sindaco uscente Antonio Decaro ha tutto il diritto di difendere a spada tratta la sua integrità, sventolando in conferenza stampa le decine di sue denunce contro i clan cittadini. Del resto il suo essere sotto scorta da ben 9 anni ne è una chiara testimonianza. Se agli occhi di molti è parso esagerato il suo grido: “è un atto di guerra”, ad altri è sembrato un “atto dovuto” del Ministro Piantedosi “troppo voluto”. Anche se a voler essere oggettivi oltre al fumo, di carne al fuoco in quell’indagine pare ce ne sia molta. Il cuore dell’inchiesta di Bari riguarda l’Amtab, l’azienda municipalizzata dei trasporti del comune di Bari, che è stata messa in amministrazione giudiziaria dal Tribunale dopo aver ravvisato infiltrazioni mafiose.
E’ ovvio che bisognerà attendere che tutto venga chiarito nelle aule dei tribunali in base a sentenze definitive. Il problema è che per molto meno alcuni consigli comunali sono stati sciolti. Una pratica che si rende inevitabile per alcuni comuni con chiare e documentate infiltrazioni mafiose, ma meno condivisibile per altri casi. Ma questo è un aspetto che tocca l’uso eccessivo dell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali, che consente lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Una norma spesso applicata in modo forzato e interpretativo, che ha portato a scioglimenti che poi sono stati clamorosamente annullati per mancanza di prove concrete.
Nel caso di Bari questi approfondimenti, in base al Testo unico sugli enti locali, dovrà stabilire se la presenza di uomini dei clan nell’ Amtab ostacoli l’erogazione di un servizio pubblico: uno dei presupposti richiesti dalla legge per lo scioglimento per mafia.
In attesa di capire in che tempi e a quali conclusioni giungerà della commissione ministeriale di verifica, la situazione politica si complica con l’avvicinarsi delle elezioni, e le azioni del centrodestra potrebbero avere effetti inaspettati. Così Decaro stringe le fila dei suoi sostenitori e corre all’attacco.
Il 23 marzo, si terrà una manifestazione di supporto al sindaco Antonio Decaro e all’amministrazione comunale, in risposta all’indagine del Ministero dell’Interno. L’evento, chiamato “Bari non si tocca”, è promosso da Pd Puglia e Cgil regionale. Il segretario regionale del Pd, Domenico De Santis, ha annullato altre iniziative per unirsi alla protesta, sottolineando la resistenza quotidiana della maggioranza dei cittadini baresi contro la mafia.
Nel frattempo, senza sapere se ci saranno o meno le elezioni, la campagna per le primarie del centro sinistra tra i due contendenti Vito Leccese e Michele Laforgia è già partita…