Nel punto in cui Óscar Alberto Martínez Ramírez, 25 anni, e sua figlia Valeria, 23 mesi, hanno tentato di attraversare il Rio Grande per entrare negli Stati Uniti, il fiume non è molto largo, al massimo una trentina di metri. Ma il fatto che non sia largo, lo rende ancor più pericoloso perché lì è più fitta la vegetazione che viene trasportata dalla corrente.

E forse è questo il motivo che ha provocato la morte di Óscar e Valeria, i cui corpi sono stati recuperati lunedì mattina, stesi a faccia in giù sulla sponda del Rio Grande a poche centinaia di metri più a valle da dove avevano cercato di attraversare.

La loro morte è stata catturata in un'immagine che subito, nella sua forza, è diventata sconvolgente, anche perché ha messo in evidenza il commovente e straziante estremo tentativo di un padre nel proteggere la propria figlia infilandone il corpicino dentro la sua camicia, perché la corrente non gliela portasse via... e così sono morti assieme.

Ma quelle non sono state le uniche due vittime del Rio grande, bensì solo le ultime, visto che già in aprile quel fiume aveva inghiottito altri tre bambini ed un adulto, che si vanno a sommare alle 283 registrate negli ultimi anni lungo il confine tra Usa e Messico.

Morti da considerare vittime delle necessità di propaganda dei politici che considerano i migranti non come essere umani ma come cose da utilizzare a seconda della propria convenienza. L'immagine di padre e figlia, morti sulla sponda di un fiume "colpevoli" del reato di "fuga dalla miseria", hanno iniziato a smuovere le coscienze, perché testimoni di un sistema di gestione dell'immigrazione da ritenersi fallito, a tal punto da non riuscire neppure a tener conto della sicurezza dei bambini.

E tutto questo mentre in Italia c'è gente che si compiace se su una nave si tengono prigionieri 42 naufraghi, tra cui dei minori, colpevoli di essere fuggiti da dei lager e da una guerra civile.