Viviamo nel Paese dei balocchi. Chi vuol comprendere il processo di degrado dello Stato di diritto che ha modificato drammaticamente la vita di milioni di cittadini italiani e che progressivamente trascinerà nella rovina  altri milioni di sfortunati deve necessariamente dedicare tempo e fatica a rivedere il percorso storico del nostro Paese in questi ultimi settant’anni e riesaminare eventi risalenti al processo di unificazione dell’Italia per mano non di un popolo desideroso di riscatto e dignità ma per mano di personaggi appartenenti alla massoneria.

Per il momento partiamo dal periodo post-bellico. L’Italia esce sconfitta e distrutta da un’avventura militare voluta da Mussolini a fianco di una Germania in cerca di grandezza e di riscatto dalla precedente sconfitta che l’aveva costretta a soggiacere a condizioni estremamente severe imposte dalla Francia e dall’Inghilterra.

Da quel momento il Paese perse la capacità di autodeterminarsi infatti usciti gli “alleati” tedeschi subentrarono gli “alleati” americani, francesi e inglesi che con le loro pesantissime ingerenze, da quel momento,  determinarono le “reali scelte” politiche, economiche, culturali e sociali del nostro Paese ed imposte dai loro "uomini di paglia" democristiani eletti e sorretti per decenni dal voto cattolico.

Il 20 aprile del 1947 si svolsero le prime elezioni in Sicilia, vinse il Blocco del Popolo una coalizione formata dal partito comunista, dal partito socialista e dal partito d'azione, la risposta della destra “conservatrice” appoggiata dagli americani fu vile e rappresenta un autentico fregio alla civiltà: la strage di Portella della Ginestra avvenne dieci giorni dopo le elezioni, il primo maggio del 1947.  Quella povera gente fu decimata a colpi di fucile, uccisero anche gli animali che servivano per arare i campi e come mezzo di trasporto. Cosa volevano i braccianti agricoli? Che si attuasse la riforma agricola prevista dalla Costituzione, una redistribuzione dei terreni agricoli per giunta incolti che erano concentrati nelle mani dei latifondisti.

Con la faccia “buona” gli americani elargivano aiuti alimentari e medicine alla popolazione siciliana ridotta allo stremo, con l’altra, più reale e riservata, curavano i loro interessi geopolitici sull’area mediterranea imponendo una politica anti-comunista attraverso la nomina di sindaci mafiosi senza indire alcuna elezione. È passata alla storia la lapidaria frase che l’ufficiale americano pronunciò presentando alla cittadinanza il sindaco non eletto: “Questo è il vostro nuovo padrone”. Furono uccisi ben 45 membri del comitato per la riforma agraria, furono usati terrorismo e morte per scoraggiare la pacifica lotta per realizzare di un diritto costituzionale.

Il 19 ottobre del 1944, l’avvocato comunista Fausto Gullo, di origine calabrese, nominato Ministro dell’Agricoltura nel II governo provvisorio di unità nazionale del maresciallo Badoglio istituito dopo la caduta del fascismo, sensibile alla problematica delle terre concentrate nelle mani di pochi latifondisti emanò dei decreti denominati: ‘Concessioni ai contadini delle terre incolte’ costituiscono una pietra miliare nella storia del Mezzogiorno e nella lotta per l’abolizione del latifondo e la distribuzione delle terre ai contadini per cercare di interrompere il secolare latifondo che esisteva nell’Italia meridionale ed era una delle principali cause del sottosviluppo del Meridione e delle condizioni di povertà dei contadini. A quei tempi il suolo costituiva la base dell’economia, purtroppo la riforma agricola si concluse nel 1950 quando ormai le campagne venivano abbandonate perché il Paese si stava sviluppando industrialmente: i latifondisti “mollarono” le terre ai contadini quando non erano più convenienti per loro tenerle in quanto stavano dirottando i loro investimenti nell’industria con i risultati che conosciamo.

Il terrorismo praticato dai latifondisti a danno dei contadini impegnati nella lotta per ottenre l'attuazione della riforma agraria aveva lo scopo di annullare di fatto i decreti ministeriali e veniva affidato sovente agli squadriusti fascisti e agli uomini della mafia. Qualsiasi regime totalitario ha le radici nel potere economico che vive lasciando nell'indigenza la massa dei cittadini, ricattandoli e sfruttandoli come diritto inviolabile acquisito per casta.

Quando la DC vinse le elezioni nazionali avvenute il 18 aprile 1948 si consolidò l’alleanza tra la DC, la destra eversiva e la mafia che impedì alla Costituzione di svilupparsi in una forma concreta di democrazia. Il ruolo della mafia divenne importante proprio con la venuta degli alleati, quel periodo la mafia si risvegliò dal letargo nel qale era caduta per opera del prefetto Mori.

Questi sono dei passaggi tratti da una intervista a Camilleri, sono  i  ricordi relativi ai giorni successivi allo sbarco degli americani in Sicilia. I contenuti sono illuminanti.   

Domanda: Quali sono i suoi ricordi personali dello sbarco degli alleati e di tutto quello che ne conseguì sul campo in Sicilia; a Porto Empedocle, ad Agrigento, nelle sue zone?... appena arrivati gli americani, presi la bicicletta e me ne andai a Porto Empedocle perché da più di un mese non avevo notizie di mio padre. Quello è stato bello, perché ho fatto 52 km contromano, perché tutta la luce della strada (che non esisteva più, l’asfalto non esisteva più a causa dei mezzi cingolati ecc. ecc.), era occupata da carri armati e camion americani che andavano verso l’entroterra, io ero l’unico che andava nel senso di marcia opposto, in bicicletta. Quindi spesso e volentieri mi buttavano fuori strada, però erano anche così carini da dire: “mali ti facisti?” (Ti sei fattomale?) perché erano tutti siciliani, tutti siciliani. Io ho raccontato la storia del Generale Patton quello che venne a chiedermi “tanticchia d’olio per fari la ’nzalatedda” (Un po’ d’olio per condire l’insalata) che era siciliano insieme a tutti i dodici componenti della pattuglia d’assalto; salvo il loro comandante erano tutti siciliani. (…….)

 Domanda: Secondo lei ci fu davvero l’aiuto della mafia agli americani?È chiaro che gli americani furono aiutati dalla mafia. Non posso dirlo con estrema sicurezza, ma so soltanto che quando loro entrarono, don Calò Vizzini divenne sindaco, Lucio Tasta divenne sindaco. Sessanta paesi del palermitano ebbero sessanta sindaci mafiosi. Evidentemente fu “per grazia ricevuta”, altrimenti non si spiega. Quindi la mafia che col fascismo era stata messa “in sonno”, volenti o nolenti, si risvegliò con gli americani. Questo posso dirlo. Che fossero stati aiutati è quindi da presumete visto questa situazione che si venne a creare. Poletti aveva accanto Vito Genovese, non è che aveva un galantuomo, ex democratico che si era fatto il confino coi fascisti. Manco per idea. Quindi, se tanto mi dà tanto.

 Giovanni Falcone: “La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.

Paolo Borsellino: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.

Eppure i padri costituenti riuscirono a concepire e far nascere una Costituzione illuminata e progressista, un autentico vademecum per uno sviluppo armonico e democratico di una collettività assoggettata ad un regime feudale e abbandonata a sé stessa per secoli.

La Carta costituzionale doveva (e deve garantire) i diritti inalienabili e la libertà nel rispetto dell’altro e determinava (e determina ancora) i doveri ma l’occupazione degli alleati NATO compromise ogni progetto. Il nostro destino come Stato posto in una posizione strategica nel Mediterraneo è segnato e sempre lo sarà dagli interessi “geopolitici” (tradotto: imperialisti) degli Stati Uniti.

Non immaginavo quanto la storia della Sicilia abbia avuto così tanta importanza ed influenza nella vita politica, economica, culturale e civile di tutto il Paese dalla fine del conflitto fino ai nostri giorni e in futuro.

Un capitolo storico molto interessante è il progetto separatista promosso da tre notabili siciliani Tasca, Finocchiaro Aprile e Canepa che trattarono con i vertici militari alleati la secessione della Sicilia dall’Italia: proponevano uno stato indipendente dall’Italia con un proprio governo e organi istituzionali, un Costituzione, ministeri e il territorio diviso in province, gli storici hanno potuto riscontrato molte ambiguità nei rapporti tra alleati e indipendentisti ma l’unico dato concreto è la nomina a sindaci di comuni medio-piccoli di esponenti separatisti o di loro uomini di fiducia; l’unica eccezione risultò essere quella di Palermo in cui venne nominato sindaco Lucio Tasca, capo storico del movimento con Finocchiaro Aprile e Canepa.

Durante i sette mesi che le due parti trattarono l’argomento vi furono anche scontri molto duri, ad esempio quando furono esclusi dalle alte cariche dirigenziali del nuovo assetto amministrativo statale. Ma la rottura definitiva avvenne quando gli alleati passarono il territorio siciliano all’amministrazione italiana del governo Badoglio. Di conseguenza i separatisti usarono iniziative plateali per contestare quella decisione ma i contenuti delle proposte rese pubbliche allontanò definitivamente gli alleati dai separatisti.

Date le circostanze un’alleanza con gli Stati uniti avrebbe permesso a questi ultimi l’insediamento di basi militari su tutto il territorio siciliano: ma perché disporre di un’isola quando vi era un intero Paese da usare per installare testate nucleari?

Infatti sul nostro territorio nazionale gli americani hanno installato testate nucleati per difendere il loro sacro suolo patrio dagli attacchi da parte del blocco orientale: riassumendo, dopo la fine del conflitto mondiale gli “alleati” occidentali costituiscono gli scudi umani contro un eventuale attacco nucleare diretto agli Stati Uniti sferrato dalla parte orientale dell’Europa.

Le due dichiarazioni del capo indipendentista rilasciate pubblicamente nel 1944 fanno chiarezza su quanto questa aspirazione di sovranità e solitudine grava su di un lembo di terra che sottace segreti inconfessabili e mortali:“Vanamente, in una recente adunanza conviviale, si è preteso di informarci che la Sicilia sarà un’importante regione d’Italia. Molte grazie! [...] No! La Sicilia non sarà affatto una regione più o meno importante d’Italia, ma sarà una nazione, uno Stato a sé, perché questa è la ferma volontà del nostro popolo”.

Solo un mese più tardi attacca pubblicamente un membro del governo alleato:“Anche giorni fa il capo degli affari civili del governo alleato ha ripetuto che la Sicilia sarà un’importante regione d’Italia. Egli è un uomo giocondo che ama le frasi dispettose e corrive, le quali, appunto per questo, non vanno prese sul serio; e noi non gliene vogliamo. [...] Io, quindi, vorrei raccomandare a Carlo Poletti una maggiore prudenza sia per non fare dispiacere alle masse elettorali siciliane di New York che vedono con molta simpatia ed incoraggiano il movimento per l’indipendenza, sia per non perdere la possibilità di tornare fra noi, ospite gradito, in qualità di ambasciatore degli Stati Uniti presso la Repubblica siciliana”.

Questo progetto indipendentista è stato esumato varie volte poi abbandonato (definitivamente?) con la “discesa in campo” di Berlusconi che, a detta di un mafioso di rango, ha messo lo Stato nelle mani della mafia. Questo è lo strano destino di un antico impero i cui resti passano di mano in mano ridotti in schiavitù.

Ma la storia continua, dolorosa, violenta e diversa da come ce l’hanno raccontata.



Nella foto Vito Guarrasi. Insieme al cugino (alla lontana) Enrico Cuccia "i due erano i massimi sacerdoti del potere nelle due Italie", Alberto Statera, Repubblica.