Fuga dai pronto soccorso: 1033 i medici che in Italia li hanno abbandonati negli ultimi 12 mesi
Nell'arco degli ultimi 12 mesi, 1.033 medici hanno abbandonato le emergenze: il 70% ha lasciato per dimissioni, pensionamento, passaggio alla medicina generale o privata, mentre il restante 30% è stato trasferito ad altri reparti ospedalieri. Nel medesimo periodo, sono stati registrati solo 567 nuovi ingressi, con un bilancio negativo del 45% tra uscite e subentri, dato che che il numero dei sostituti è pari al 55%. Attualmente, mancano 4.000 medici, corrispondenti al 40% del fabbisogno nazionale.
Questi dati provengono dall'analisi condotta dall'Osservatorio Nazionale permanente della Società Italiana di Emergenza Urgenza (Simeu), su 137 strutture, rappresentative del 30% delle strutture nazionali e con oltre 6 milioni di accessi al pronto soccorso, pari al 30% dell'attività totale.
Durante il meeting dell'Accademia dei Direttori Simeu, si è enfatizzata la necessità di una visione olistica basata su soluzioni scientifiche per superare la frammentazione attuale. Andrea Fabbri, dall'Ufficio di Presidenza Simeu, ribadisce l'importanza di garantire percorsi di cura adeguati ai pazienti, rimarcando la penalizzazione dei bisogni prioritari a causa delle condizioni di emergenza attuali.
Secondo Beniamino Susi, Vice Presidente nazionale Simeu, per invertire la tendenza è cruciale valorizzare il ruolo del medico d'urgenza e proporre modelli organizzativi innovativi adatti al futuro, data l'attrattiva della medicina d'urgenza tra i giovani professionisti, che però evitano questa scelta a causa del contesto operativo.
Il contenzioso in pronto soccorso e i procedimenti penali a carico dei dirigenti (presenti nel 53% dei centri) allontanano i giovani medici e incentivano le dimissioni, rappresentando un ulteriore deterrente alla professione.
La mancanza di copertura nei turni da parte del personale causa già adesso difficoltà gestionali e frammenta il personale all'interno delle strutture, mentre le correzioni messe in atto producono una frammentazione estrema del personale all’interno delle strutture. Questo è evidente dall’analisi raccolta:
- nel 54% dei PS sono presenti contratti atipici: ogni medico è impegnato per una media di 4 turni al mese;
- nel 48% dei PS operano dirigenti medici non MEU (provenienti da altri reparti dell’ospedale) in regime di prestazione aggiuntiva per una media mensile pro-capite di 3 turni;
- nel 32% dei PS operano specializzandi MEU per una media di 5 turni pro capite al mese ;
- nel 29% dei PS operano specializzandi NON MEU per una media di 5 turni pro capite al mese;
- nel 28% dei PS sono presenti cooperative che forniscono in media 60 turni al mese (di cui Nord: 47%, Centro: 19%, Sud: 10%);
- nel 20% dei PS operano dirigenti medici non MEU comandati dalla Direzione per una media di 3 turni al mese pro capite.
"Se consideriamo che un pronto soccorso con un’attività medio bassa, non oltre i 30mila accessi annui, ha necessità di almeno 300 turni mensili, ci rendiamo conto dell’esiguità del contributo portato da queste soluzioni e contemporaneamente rileva l’estrema difficoltà di governo delle strutture che ne deriva" afferma Fabio De Iaco, Presidente SIMEU.
L’indagine SIMEU evidenzia un altro fenomeno legato agli accessi. I Direttori di struttura intervistati hanno infatti definito le principali caratteristiche dei pazienti che più frequentemente restano in boarding. Un tema molto delicato che non si esaurirà nei prossimi anni.
"Il boarding non può continuare ad essere considerato un tema esclusivo del pronto soccorso, occorre istituzionalizzarlo come problema dell’ospedale - denuncia Simeu - Le più recenti evidenze di letteratura indicano che proprio il profilo del paziente debole è quello che paga di più in termini di mortalità e complicanze. E’ assolutamente necessario trovare un modello organizzativo innovativo generale che superi la visione attuale e che consideri il pronto soccorso come priorità"."Dai dati emerge un confortante altro numero di rilievo: nel 40% dei PS sono presenti ambulatori per pazienti a bassa criticità gestiti da medici esterni alla struttura (continuità assistenziale, liberi professionisti, ecc.) che significa nei fatti che "in alcuni pronto soccorso, c’è un tentativo di organizzazione per indirizzare l’impegno delle proprie risorse sui pazienti più acuti - afferma Salvatore Manca Past President SIMEU - con modelli non molto diversi da quanto alcune Regioni stanno proponendo per il futuro, per esempio in Emilia Romagna e Abruzzo, cioè indirizzare le gestione dei pazienti a bassa criticità a professionisti non MEU, salvaguardando in questo modo anche la specialistica".