Nel Giorno della Memoria, gli israeliani smemorati vogliono annettersi Gerusalemme Est e Cisgiordania
Il Giorno della Memoria, che si celebra il 27 gennaio di ogni anno, è una ricorrenza riconosciuta a livello internazionale per commemorare le vittime dell'Olocausto. La data corrisponde a quella in cui, nel 1945, fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz, divenuto simbolo universale del genocidio del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale.
Una commemorazione non solo dovuta, ma anche necessaria perché, visti i tempi che corrono con il riaffermarsi di movimenti e partiti di stampo nazifascista, mascherati anche sotto l'etichetta del sovranismo, non si corra il rischio che compaia qualcuno che dica di voler rifare gli errori e gli orrori del passato.
Però, mentre la comunità internazionale commemora quanto gli ebrei dovettero subire anche durante la seconda guerra mondiale, oggi i loro discendenti, in Israele, hanno instaurato un regime di apartheid contro il popolo palestinese. E tanta è l'arroganza raggiunta oggi dallo Stato ebraico, che dopo 50 anni di occupazione, il governo di Tel Aviv si sta muovendo per annettersi - di fatto - Gerusalemme Est ed i Territori Occupati... con l'aiuto degli Stati Uniti dell'amministrazione Trump.
Trump lunedì incontrerà separatamente alla Casa Bianca sia il premier in carica Netanyahu, sia il leader dell'opposizione Benny Gantz (Israele andrà di nuovo al voto per le elezioni politiche a breve).
Martedì, il presidente Usa annuncerà quello che lui ha definito l'Accordo del secolo che, in base a quanto è stato fatto trapelare in passato, prevede il riconoscimento dell'annessione ad Israele della Valle del Giordano e degli insediamenti coloniali nell'Area C della Cisgiordania, oltre alla creazione di uno Stato palestinese di facciata, perché il suo territorio sarebbe ridotto ad un fazzoletto, ma solo a condizione che Hamas, fazione che governa Gaza, deponga le armi e che i palestinesi riconoscano sia Israele come Stato ebraico - pertanto SOLTANTO degli ebrei e non di tutti i suoi cittadini, compresi quelli arabi - che Gerusalemme come sua capitale.
Inoltre, come illustrato nella conferenza che la scorsa estate si è tenuta in Bahrein, per i palestinesi si aprirebbero non si sa bene quali linee di finanziamento per ottenere fiumi di denaro (decine di miliardi di dollari) per investimenti che creerebbero benessere a chiunque.
Che diavolo di autorità, oltre che di credibilità, possa avere Trump per azzardare un piano di pace tra palestinesi ed israeliani non è da sapersi. Inoltre, questo tipo di accordi non può essere certo unilaterale, ma conseguenza di un dialogo tra le parti. In questo caso, le uniche parti che si sono parlate sono Trump e Netanyahu, ma ai loro colloqui i palestinesi non erano presenti e neppure sono stati invitati.
Ma perché, allora, tirar fuori adesso una proposta tanto stravagante quanto assurda?
Lo ha spiegato il primo ministro palestinese Muhammad Shtayyeh che, parlando da Ramallah, ha detto che questo "accordo", presentato da una parte [gli Stati Uniti, ndr] che ha perso qualsiasi credibilità per agire come mediatore onesto e credibile per arrivare ad una pace concordata e seria, è uno strumento per soddisfare i desideri dello Stato occupante guidato da Benjamin Netanyahu e non costituisce una base per risolvere il conflitto israelo-palestinese.
Questo piano - ha proseguito Shtayyeh - non restituisce la terra occupata al suo popolo, non riconosce i confini del 1967, non riconosce che Gerusalemme è terra occupata, ma la consegna ad Israele come capitale, intraprende una guerra finanziaria contro l'agenzia delle Nazioni Unite a supporto dei rifugiati palestinesi, chiude l'ufficio palestinese a Washington e lavora per prosciugare le risorse finanziarie dell'ANP, [l'Autorità nazionale palestinese, ndr]. Non è altro che un piano per liquidare la causa palestinese e quindi lo respingiamo e chiediamo alla comunità internazionale di non esserne partecipe, perché in contraddizione con le basi del diritto internazionale e i diritti del popolo palestinese".
Quella di martedì in Cisgiordania sarà una "giornata di collera" in risposta al piano elaborato da Trump per dare il via libera a quella che, in sostanza, corrisponderebbe all'annessione unilaterale ad Israele di gran parte dei Territori Occupati. Contemporaneamente, l'Autorità nazionale palestinese ha minacciato di sciogliersi e di uscire dagli Accordi di Oslo firmati da Olp e Israele nel 1993.