A Perugia, dall'11 al 13 marzo, la minoranza del PD guidata da Roberto Speranza ha organizzato un incontro che ha per tema la costruzione di una alternativa al renzismo.
Nonostante il no incassato nei giorni scorsi alla richiesta di un congresso anticipato, la sinistra del PD non sembra arrendersi all'idea e quella di Perugia assume il senso di un lavoro ai fianchi del premier per fargli capire che della minoranza del partito non può fare a meno, così come delle sue richieste.

Ed in questo senso sono anche da intendersi le dichiarazioni che oggi ha rilasciato l'ex segretario Bersani, che si possono riassumere in tre punti.

Sulla composizione della maggioranza.
«Non è vero che abbiamo bisogno di Verdini come non era vero che avevamo bisogno di Berlusconi: bisogna che Renzi decida se vuol fare quello che rottama o quello che resuscita. [...]
Se uno che vota la fiducia non è in maggioranza, uno che non la vota non è all'opposizione [...]  Eccoci finalmente approdati nella casa delle libertà».

Sull'economia.
«La crisi è arrivata al pavimento quindi non abbiamo il problema di immaginare una ulteriore discesa. Però la ripresa è problematica, ha delle difficoltà [...] La nostra comunicazione dovrebbe essere coerente con questo dato di realtà: non bisogna esagerare nelle comunicazioni, perché poi si può misurare uno scarto tra quel che si sente e quel che si dice».

Sul congresso.
«Ci sono dei problemi che richiederebbero una discussione. Un congresso sarebbe più utile ma cercheremo comunque di far vivere una discussione nel partito».

A queste parole non ha replicato Matteo Renzi, per non dare troppa importanza né al contenuto e neppure a chi le ha pronunciate. Della risposta, pertanto, sono stati incaricati i suoi vice.
Questo è quanto ha detto Guerini: «Oggi è una giornata importante per i risultati dell'economia, risultati che sono un successo di tutto il Partito democratico, non voglio seguire polemiche inutili che non interessano nessuno».
E questa è la dichiarazione della Serracchiani: «Occorre che ci attenga a un certo senso del limite: trasformismo e giochi di potere sono parole pesanti, che vanno pronunciate con molta ponderazione. Non serve polemizzare ogni giorno, soprattutto all'indomani di una buona prova offerta da tutto il Pd».

Ci sarebbero poi anche le reazioni dei social. Oltre a qualche commento stizzito di alcuni peones renziani che devono far registrare ai posteri la loro fedeltà al segretario (poiché da lì passano i rinnovi delle cariche), quella che spopola è soprattutto l'ironia con quello che Bersani ha detto o non ha detto e ha fatto o non ha fatto, per ricordargli che, dopo tutto, Renzi è anche il risultato delle sue scelte politiche.

Tirando le somme, lo sfogo di Bersani, per come è messo il PD adesso e per come è controllata l'informazione in Italia, senza un'uscita dal partito non avrà altro effetto che rinsaldare la posizione di Renzi sia da segretario che da premier.
Infatti, nonostante tutto, lo zoccolo duro della sinistra del PD continuerà a votare un partito che con la sinistra e con la storia del PCI non ha assolutamente nulla in comune, finché chi rappresenta quei legami nel PD continuerà a rimanere.
Se Bersani ed altri con la sua storia decidessero di prendere la porta ed andarsene, forse Renzi comincerebbe ad avere qualche problema, perché allora gli orfani di Berlinguer - alcuni esistono ancora - comincerebbero a farsi venire dei dubbi. Ma finora la sinistra nel PD, o quel che ne rimane, non sembra  ancora averlo capito.