I miracoli, in Italia, più che a Natale, avvengono prima delle elezioni. Per le comunali, magicamente, strade e marciapiedi rifioriscono e riprendono il loro aspetto originario. Per le politiche, quel che non era accaduto fino a poco tempo prima, diventa sorprendentemente possibile a pochi giorni dal voto.

Il rinnovo del contratto degli statali era stato siglato alla fine di novembre del 2016, anche in quel caso qualche giorno prima del referendum costituzionale. Ma, dopo le promesse, di quegli aumenti non se ne fece nulla. Adesso, prima delle politiche, i soldi sono stati trovati.

Ma un altro miracolo si è compiuto. Le acciaierie di Piombino, quelle che una volta erano il cuore della Magona, avrebbero dovuto riprendere a produrre grazie ad un investitore algerino, la Cevital, che però era venuto meno alle promesse e non aveva fatto ripartire gli impianti.

Questa settimana, a sorpresa, al Mise è stato raggiunto un accordo per la cessione degli stabilimenti al gruppo indiano Jindal, che dovrebbe farsi carico degli accordi precedentemente stipulati da Cevital. L'operazione, con i vari passaggi formali, dovrebbe essere chiusa entro la fine di marzo. Successivamente si aprirà il confronto con i lavoratori per quanto riguardo il piano industriale e gli investimenti per la ripresa della produzione.

Cevital prese in carico gli impianti di Piombino nel dicembre 2014, con un piano di rilancio che la fece preferire a Jindal, che già a quel tempo aveva manifestato il proprio interesse per il complesso siderurgico. Dopo aver riattivato parti dell'impianto, il piano di rilancio di Cevital si interruppe nel 2016 e a giugno 2017 si arrivò con il governo alla firma di un accordo per il prolungamento dell'amministrazione straordinaria fino al 2019 e dei contratti di solidarietà fino alla fine del 2018, per garantire un sostegno economico ai 2.200 lavoratori occupati.

L'accordo con Jindal, che dovrebbe dare un futuro all'impianto di Piombino, segue quello di una settimana fa che ha concluso un'altra piaga industriale italiana, quella relativa ad Alcoa, con la firma dell’accordo per la cessione dello stabilimento di Portovesme da Invitalia al gruppo Sider Alloys.

Due successi per il governo Gentiloni, il Partito Democratico che lo sostiene e, in particolar modo, per il ministro Calenda, infuriato però dal fatto che questi successi siano parzialmente oscurati dalla vicenda Embraco e dalla decisione dell'azienda brasiliana di chiudere l'impianto di Chieri senza far ricorso alla cassa integrazione, scelta che avrebbe salvaguardato il reddito dei 500 occupati fino all'arrivo di un nuovo investitore.

Ma il ministro Calenda è già in trattativa con un gruppo industriale che "parrebbe" interessato a rilevare il sito che Embraco abbandonerà nelle prossime settimane.

Nella speranza che tutti questi "miracoli" possano essere confermati anche dal 5 marzo in poi, c'è da chiedersi se in Italia non sia opportuno organizzare delle elezioni tre o quattro volte all'anno.