L'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha lanciato un allarme che non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: lo scioglimento dei ghiacciai sta accelerando a ritmi senza precedenti e sta per innescare una valanga di conseguenze su scala globale. Non si tratta solo di paesaggi montani che scompaiono, ma di un rischio sistemico per ecosistemi, economie e comunità umane. In parole povere: non è un problema lontano e pittoresco, è una minaccia concreta e già in corso.

Cinque degli ultimi sei anni sono stati caratterizzati dalla ritirata glaciale più rapida mai registrata, con il periodo 2022-2024 che segna il record negativo assoluto per la perdita di massa glaciale. Secondo i rapporti congiunti di WMO e del World Glacier Monitoring Service (WGMS), ciò che una volta veniva chiamato “ghiaccio eterno” rischia di sparire entro la fine di questo secolo, almeno in molte aree del pianeta.

Il bilancio è spaventoso: oltre 9.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio perse dal 1975, equivalenti a un blocco grande quanto la Germania spesso 25 metri. Il solo anno idrologico 2024 ha visto una perdita di 450 miliardi di tonnellate, rendendolo il quarto peggior anno mai registrato. Ancora più grave, tutte le 19 regioni glaciali del mondo hanno registrato una perdita netta.

I ghiacciai e le calotte glaciali contengono circa il 70% dell'acqua dolce del pianeta. Con circa 275.000 ghiacciai che coprono 700.000 km², le cosiddette “torri d'acqua” delle regioni montuose alimentano fiumi e bacini da cui dipendono centinaia di milioni di persone. Lo scioglimento non solo altera questi equilibri idrici, ma aumenta il rischio di disastri naturali come alluvioni e frane.

Il vero problema non è se, ma quando le riserve idriche stagionali scompariranno, lasciando vaste regioni in balia della siccità e del caos idrico.

La situazione è così grave che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2025 “Anno internazionale della conservazione dei ghiacciai”. L'iniziativa, coordinata da UNESCO e WMO con il supporto di oltre 200 organizzazioni e 35 paesi, punta ad accendere i riflettori sul ruolo cruciale di neve e ghiaccio per il clima, le risorse idriche e le economie locali e globali.

Lo scioglimento glaciale non è solo un dramma per le montagne. Contribuisce in modo significativo all'innalzamento globale del livello del mare. Dal 2000 al 2023, la perdita glaciale è stata di circa 6.542 miliardi di tonnellate, con un contributo diretto di 18 mm all'innalzamento degli oceani. Può sembrare poco, ma ogni millimetro in più espone tra 200.000 e 300.000 persone in più al rischio di inondazioni ogni anno.

Secondo il Glacier Mass Balance Intercomparison Exercise (GlaMBIE), coordinato dal WGMS e pubblicato su Nature, alcune regioni stanno crollando più in fretta di altre: l'Europa centrale ha perso quasi il 40% della massa glaciale dal 2000, mentre alcune zone tropicali e temperate sono destinate alla totale scomparsa entro fine secolo.

Il segretario generale della WMO, Celeste Saulo, lo ha detto chiaro: “La conservazione dei ghiacciai è una questione di sopravvivenza”. Non si tratta più di salvare qualche vetta iconica o di conservare paesaggi alpini da cartolina. Si tratta di evitare che la catena di eventi innescata dallo scioglimento – scarsità idrica, insicurezza alimentare, migrazioni climatiche, disastri naturali – travolga sistemi già fragili.

Il tempo per agire non è domani: è oggi. E ogni anno che passa senza interventi significativi rende sempre più difficile invertire la rotta. La crisi dei ghiacciai non è più un campanello d'allarme. È una sirena che urla.