Nosiglia, arcivescovo di Torino, appoggia la ribellione dell’Ospedale Cottolengo e chiede l’obiezione di coscienza, mentre l’arcivescovo di Trieste Crepaldi invita a battersi di più contro la legge. Dura la reazione della senatrice democratica De Biasi, presidente della commissione Sanità, nonché madrina del testo: «Nessuno può decidere la serrata di una clinica, il rifiuto dei soccorsi a chi ha registrato le sue Dat sarà considerato un reato.»

Una presa di posizione unitaria e che si annuncia decisamente contraria alla legge sarà partorita dalla discussione al Consiglio permanente della Cei, all’inizio del 2018. Ma s’illuderebbe chi pensasse che posizioni come quelle prese dall’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia siano fughe in avanti destinate a rimanere isolate. La Conferenza episcopale italiana, dal cardinale presidente Gualtiero Bassetti in giù, appare infatti compatta nell’esprimere un giudizio fortemente negativo sul biotestamento all’italiana. E la chiamata all’obiezione di coscienza nelle strutture ospedaliere cattoliche è un dato di fatto. Una decisione annunciata in anticipo proprio da Bassetti, che ai microfoni di Radio Vaticana, prima dell’approvazione della legge, aveva dichiarato: «Come Cei ci sta a cuore anche che venga riconosciuta – oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico – quella che riguarda le nostre strutture». Il cardinale presidente dei vescovi italiani, pur ammettendo che «non è facile stabilire a priori un confine netto che distingua accanimento terapeutico ed eutanasia», ribadiva che dar da mangiare e da bere sono «gesti essenziali», non terapie.

«Siamo allineati e coperti». Dicono proprio così dall’Aris, l’Associazione che in Piemonte rappresenta le strutture sanitarie religiose convenzionate o meno con il servizio sanitario pubblico. Allineati con l’Aris nazionale, con monsignor Cesare Nosiglia, il quale ha espressamente invitato i presidi cattolici a fare obiezione alla legge sul biotestamento. E prima ancora con don Carmine Arice, padre generale del Cottolengo, protagonista della prima levata di scudi. Una presa di posizione netta, costi quello che costi: anche verso la Regione, decisa a non ammettere deroghe all’applicazione del provvedimento.

Ricapitolando: quando si parla di scuola, le scuole cattoliche vanno considerate pubbliche e devono quindi essere ammesse ai relativi finanziamenti, quando invece si tratta di case di cura cattoliche queste devono essere considerate private e devono essere libere di fare come gli pare, rifiutando interventi previsti dalle leggi dello Stato!

E continuiamo a consentire a questa gente comportamenti del genere.

La relatrice della legge ha dichiarato che l'inosservanza verrà considerata reato... staremo a vedere!