Notiamo che «quando gli sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio, svolgono il loro ruolo procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana» (GS n. 50).

 Gli sposi in questo continuo «donarsi l’uno all’altro con l’offerta delle loro proprie vite, unendolo all’offerta di Cristo per la sua Chiesa, resa presente nel sacrificio eucaristico (…) formano un corpo solo in Cristo» (CCC n. 1621). I coniugi invece, «ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente. Il loro matrimonio può risplendere di una fecondità di carità, di accoglienza e di sacrificio» (CCC n. 1654).  

Teniamo presente che, quando parliamo sul “formare un solo corpo in Cristo”, tocchiamo il mistero della sacramentalità e della ministerialità degli sposi. Per questo vale la pena prendere in considerazione «i dibattiti teologici degli ultimi anni che hanno ruotato attorno ai temi della sacramentalità e della ministerialità degli sposi. Infatti, papa Francesco ha dedicato in Amoris laetitia un paragrafo alla ministerialità dei coniugi, senza però sviluppare la sacramentalità dell’unione tra battezzati. Il papa, alla visione classica, di una realtà naturale elevata alla dignità sacramentale, ha evidenziato bene una prospettiva che restituisce il matrimonio al cuore della sacramentalità della Chiesa. In altre parole, ciò che vale per l’insieme dei Sacramenti, che si comprendono tutti in funzione del mistero che unisce Cristo alla Sua Chiesa, vale in modo del tutto speciale per il sacramento del matrimonio. Esattamente perché, la comunità di vita e d’amore formata dalla coppia cristiana esprime, raffigura ed incarna l’unione nuziale di Cristo e della Chiesa. E così abbiamo dunque una realtà ecclesiale del matrimonio che è primordiale. Ecco perché, Familiaris consortio non aveva mancato a suo tempo, di metterla in risalto»[1]:

 «Infatti, mediante il battesimo, l’uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell’Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo indistruttibile inserimento che l’intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore, viene elevata ed assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice» (n. 13).

 In realtà, l’amore sponsale è «per tutti i cristiani, e quindi per tutte le famiglie, perché ogni persona è fatta ad immagine e somiglianza di Dio ed ogni persona è amata da Dio infinitamente; ogni persona va rispettata ed amata per la sua dignità».[2] E per questo che «Gesù stesso non ha esitato a dire: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,42-42). É un obbligo di vita al quale nessun cristiano può sottrarsi, senza correre il rischio di costruire passo dopo passo la nostra condanna eterna (…). Questa attenzione alla persona che la famiglia è chiamata ad avere e che condivide con tutti i battezzati, assume vari risvolti nella vita di tutti i giorni e diventa luce nel mondo, luce per quanti camminano con noi, perché è attenzione data alla persona in tutte le fasi della sua vita: dal concepimento fino alla conclusione naturale, e non c’è la malattia che tolga dignità alla vita».[3]

 Il battesimo per i coniugi è, indubbiamente, «il “principio” sacramentale del matrimonio nello stato della giustizia (o innocenza) originaria. Per questo, possiamo notare che l’eredità della grazia è stata respinta dal cuore umano al momento della rottura della prima alleanza con il Creatore. La prospettiva della procreazione, invece di essere illuminata dall’eredità della grazia originaria, donata da Dio non appena infusa l’anima razionale, è stata offuscata dalla eredità del peccato originale».[4] Notiamo che il matrimonio come sacramento primordiale è stato privato di quella efficacia soprannaturale. In altre parole, al momento della istituzione del matrimonio, esso attingeva al sacramento della creazione nella sua globalità. Costatiamo che, nonostante lo stato della peccaminosità ereditaria dell’uomo, il matrimonio non cessò mai di essere la figura di quel sacramento, di cui leggiamo nella lettera agli Efesini (5,22-33). In esso, come già abbiamo accennato nel primo capitolo della nostra riflessione, san Paolo la definisce “grande mistero”. Qui possiamo dire che «il matrimonio sia rimasto quale piattaforma dell’attuazione degli eterni disegni di Dio-Amore, secondo i quali il sacramento della creazione aveva avvicinato gli uomini alla sua infinita misericordia e li aveva preparati al sacramento della redenzione, introducendoli nella dimensione dell’opera della salvezza».[5]

Secondo san Giovanni Paolo II «l’analisi della lettera agli Efesini, e in particolare del “classico” testo del capo 5, versetti 22-33, sembra propendere per una tale conclusione».[6] In realtà san Paolo, «al versetto 31, fa riferimento alle parole dell’istituzione del matrimonio, contenute nella Genesi: «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne (Gen 2,24)»,[7] e subito dopo dichiara: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5,32). Qui «sembra indicare non soltanto l’identità del mistero nascosto in Dio dall’eternità, ma anche quella continuità della sua attuazione che esiste tra il sacramento primordiale connesso alla gratificazione soprannaturale dell’uomo nella creazione stessa e la nuova gratificazione»[8] - avvenuta quando «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa (...)» (Ef 5,25-26). Possiamo definire la gratificazione nel suo insieme quale sacramento della redenzione. In questo dono redentore di sé stesso “per” la Chiesa, è anche racchiuso - secondo il pensiero paolino - il dono di sé da parte di Cristo alla Chiesa, ad immagine del rapporto sponsale che unisce marito e moglie nel matrimonio. In tal modo il sacramento della redenzione riveste, in un certo senso, la figura e la forma del sacramento primordiale. «Al matrimonio del primo marito e della prima moglie, quale segno della gratificazione soprannaturale dell’uomo nel sacramento della creazione, corrisponde lo sposalizio, o piuttosto l’analogia dello sposalizio, di Cristo con la Chiesa, quale fondamentale “grande” segno della gratificazione soprannaturale dell’uomo nel sacramento della redenzione, della gratificazione, in cui si rinnova, in modo definitivo, l’alleanza della grazia di elezione, infranta al “principio” con il peccato».[9]

 Notiamo che «l’immagine contenuta nel passo citato della Lettera agli Efesini sembra parlare soprattutto del sacramento della redenzione come della definitiva attuazione del mistero nascosto dall’eternità in Dio».[10] In questo “mistero grande” si realizza appunto definitivamente tutto ciò, di cui la medesima Lettera agli Efesini aveva trattato nel capitolo primo. Infatti, essa dice non soltanto: «in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto (…)» (Ef 1,4), ma anche: «nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha abbondantemente riversata su di noi (...)» (Ef 1,7-8).[11]

Ecco perché la nuova gratificazione soprannaturale dell’uomo nel “sacramento della redenzione” è anche una nuova attuazione del mistero nascosto dall’eternità in Dio, nuova in rapporto al “sacramento della creazione”. Si può affermare che, in certo senso, la gratificazione è una “nuova creazione”. Consideriamo però che si differenzia dal “sacramento della creazione” in quanto la gratificazione originaria, unita alla creazione dell’uomo, costituiva quell’uomo “dal principio”, mediante la grazia, nello stato della originaria innocenza e giustizia. La nuova gratificazione dell’uomo nel sacramento della redenzione gli dona invece soprattutto la “remissione dei peccati”. Tuttavia, anche qui può “sovrabbondare la grazia”, come altrove si esprime san Paolo:[12] «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20).

Il sacramento della redenzione - frutto dell’amore redentore di Cristo - diviene, in base al suo amore sponsale verso la Chiesa, una permanente dimensione della vita della Chiesa stessa, dimensione fondamentale e vivificante. E il “mistero grande” di Cristo e della Chiesa: mistero eterno realizzato da Cristo, il quale «ha dato sé stesso per lei» (Ef 5,25); mistero che si attua continuamente nella Chiesa, perché Cristo «ha amato la Chiesa» (Ef 5,25), unendosi con essa con amore indissolubile, così come si uniscono gli sposi, marito e moglie, nel matrimonio. In questo modo la Chiesa vive del sacramento della redenzione, e a sua volta completa questo sacramento come la moglie, in virtù dell’amore sponsale, completa il proprio marito, il che venne in certo modo già posto in rilievo “al principio”, quando il primo uomo trovò nella prima donna[13] «un aiuto che gli era simile» (Gen 2,20).

Osserviamo però che l’analogia della Lettera agli Efesini non lo precisi, possiamo tuttavia aggiungere che anche la Chiesa unita con Cristo, come la moglie col proprio marito, attinge dal sacramento della redenzione tutta la sua fecondità e maternità spirituale. Ne testimoniano, in qualche modo, le parole della Lettera di san Pietro, quando scrive che siamo stati «rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23). Così il mistero nascosto dall’eternità in Dio - mistero che al “principio”, nel sacramento della creazione, divenne una realtà visibile attraverso l’unione del primo uomo e della prima donna nella prospettiva del matrimonio – diventa, nel sacramento della redenzione, una realtà visibile nell’unione indissolubile di Cristo con la Chiesa, che l’Autore della Lettera agli Efesini presenta come l’unione sponsale dei coniugi, marito e moglie.[14]

Teniamo presente che «il “sacramento grande”[15] della Lettera agli Efesini parla della nuova realizzazione del mistero nascosto dall’eternità in Dio, e cioè della realizzazione definitiva dal punto di vista della storia terrena della salvezza. Parla inoltre del come rendere visibile il mistero dell’Invisibile. Tale visibilità non elimina il mistero. Ciò si riferiva al matrimonio costituito al “principio”, nello stato dell’innocenza originaria, nel contesto del sacramento della creazione. Nel Nuovo Testamento rispecchia l’unione di Cristo con la Chiesa, quale “mistero grande” del sacramento della redenzione. Potremo dire che in un certo senso la visibilità dell’Invisibile non significa una totale chiarezza del mistero. Esso, come oggetto della fede, rimane velato anche attraverso ciò in cui appunto si esprime e si attua. La visibilità dell’Invisibile appartiene quindi all’ordine dei segni, e il “segno” indica soltanto la realtà del mistero, ma non la “svela”. Infatti, come il “primo Adamo” - l’uomo, maschio e femmina - creato nello stato dell’innocenza originaria e chiamato in questo stato all’unione coniugale,[16] fu segno dell’eterno mistero, così il “secondo Adamo”, Cristo, unito con la Chiesa attraverso il sacramento della redenzione con un vincolo indissolubile, analogo all’indissolubile alleanza dei coniugi, è segno definitivo dello stesso mistero eterno, e cioè nuziale».[17] Infatti, «questo mistero nuziale è il cuore della rivelazione cristiana, perché rivela la tipologia e il significato ultimo di ogni relazione: Dio in sé, di Dio con ogni persona, delle persone tra loro».[18]

 Per questo, «parlando del realizzarsi dell’eterno mistero, parliamo anche del fatto che esso diventa visibile con la visibilità del segno»[19] profetico e di misericordia. «E perciò possiamo parlare pure della “sacramentalità” di tutta l’eredità del sacramento della redenzione, in riferimento all’intera opera della creazione e della redenzione. Tanto più, possiamo parlare in riferimento alla bellezza straordinaria della realtà del matrimonio, istituito nel contesto del sacramento della creazione, come anche in riferimento alla Chiesa come sposa di Cristo, dotata di un’alleanza quasi coniugale con lui».[20]

 sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek



[1] J. Laffitte, Matrimonio e Misericordia, op. cit., p. 214.

[2] R. Bonetti, In famiglia la fede fa la differenza, op. cit., p. 62.
[3] Ibidem.
[4] Giovanni Paolo II, La perdita del sacramento originale reintegrata con la redenzione del matrimonio-sacramento, mercoledì, 13 ottobre 1982, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I - 1983, LEV, Città del Vaticano 1983, p. 200.
[5] Ibidem.
[6] Ibid., p. 201.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Ibid., p. 202.
[11] Ibidem.
[12] Cf. ibidem.
[13] Cf. ibid., p. 203.
[14] Cf. ibidem.
[15] Il testo greco dice: tò mysterion toûto méga estín.
[16] Consideriamo che in questo senso parliamo del sacramento della creazione.
[17] Giovanni Paolo II, La perdita del sacramento originale reintegrata con la redenzione del matrimonio-sacramento, op. cit., p. 203.
[18] R. Bonetti, Il prete: uno sposo, op. cit., p. 61.
[19] Giovanni Paolo II, La perdita del sacramento originale reintegrata con la redenzione del matrimonio-sacramento, op. cit., p. 203.
[20] Ibidem.