Perché i pastori sardi gettano il latte delle loro pecore? Perché il loro lavoro, paradossalmente, ha poco valore per la filiera di trasformazione dei prodotti caseari. Il latte da loro prodotto, infatti, viene pagato poco e il prezzo di vendita nemmeno copre i costi di produzione.. per questo, tanto vale gettarlo via.
Non è che il problema sia una novità. È da moltissimo tempo che i pastori sardi lo stanno denunciando. Evidentemente, adesso si è arrivati alla classica goccia che ha fatto traboccare il vaso... e da qui la protesta, plateale, che è andata in scena alla fine della scorsa settimana.
Secondo Coldiretti, l'industria di trasformazione ha fatto cartello proponendo per il latte di pecora un prezzo di acquisto inferiore a 60 centesimi per litro... un prezzo troppo basso per i pastori dei 12mila allevamenti sardi, dove pascolano 2,6 milioni di pecore, il 40% di quelle allevate in Italia, e che producono quasi 3 milioni di quintali di latte, destinato per il 60% alla produzione di pecorino.
Perché chi trasforma il prodotto può permettersi di non offrire di più? Perché è in grado di far arrivare la materia prima, a prezzi inferiori, dai Paesi dell'est Europa, nonostante ciò vada a scapito della qualità e della sicurezza alimentare.
È evidente che, visti i numeri in ballo, che oltretutto riguardano una parte importante dell'economia di un'intera isola, il problema non possa non interessare la politica nazionale, che sembra però essersi accorta solo adesso di quanto stava accadendo.
Ne è esempio l'allucinante dichiarazione di ieri del segretario della Lega e vicepremier, Matteo Salvini: «Seguo e rispetto la protesta dei lavoratori della Sardegna, e ritengo urgente dare vita ad una Commissione Unica Nazionale con pastori, produttori e industriali per il latte ovino, con lo Stato (vista l'assenza della Regione) che torna a fare lo Stato e stabilisce un prezzo minimo di contrattazione, anche con una eventuale parte di sovvenzione.
Spero che il voto di domenica 24 febbraio riavvicini la Regione ai cittadini, il popolo sardo merita più attenzione e rispetto.»
Dimenticandosi di essere al Governo dallo scorso giugno, secondo Salvini, la regione Sardegna, da sola, avrebbe dovuto fare ciò che il Governo non ha fatto in precedenza. Non è la regione Sardegna a mettere le tasse sulla produzione, ad indicare i limiti per fare cartello, a dover contrattare con l'Europa politiche di settore anti-dumping.
Per questo, martedì 12 febbraio dalle ore 9,30 una delegazione di pastori sardi sarà a Roma per far conoscere alle "distratte" istituzioni nazionali i problemi degli allevatori.
Così si è espresso sulla protesta il Movimento Pastori Sardi: "Riteniamo che questo sia il risultato delle scellerate politiche che abbiamo sempre combattuto, portate avanti dai trasformatori, dai commercianti di carne e dalla burocrazia che non ci ha mai tutelato e ha distrutto le nostre sicurezze.
Oggi, questa guerra la facciamo con l'unica certezza che ci rimane: il nostro latte!
Nelle strade non c'è il Movimento Pastori Sardi ma tutti i pastori uniti della Sardegna che non rispondono a questa o a quella sigla, a questo o a quel partito, con un unico grande obiettivo: ridare dignità al nostro lavoro, ritornare ad essere padroni del nostro prodotto.
Non ci saranno sconti per nessuno, pretendiamo la serenità delle nostre campagne e per questo, anche con dolore, lasciamo a casa gli scrupoli e continuiamo a perseguire un sogno che ha sapore di dignità e libertà."