I cosiddetti superprofitti o extra-profitti dei colossi energetici rappresentano uno degli effetti collaterali più controversi del conflitto in Ucraina. Cinque delle compagnie oil&gas più grosse dell’area euroatlantica hanno dichiarato introiti incredibili nel 2022, in alcuni casi più del 150%.

Tali profitti vanno però a gravare sulle tasche dei cittadini europei, costretti talvolta persino a chiudere le proprie attività economiche per colpa del caro-bollette. La Commissione europea ha quindi chiesto di approvare una specifica tassa, detta “windfall tax”, che possa così compensare l’impennata nei costi dell’energia per famiglie e imprese. Sembra che si possano ricavare ben 25 miliardi di euro per i contribuenti europei.

Ma l’americana ExxonMobil, con l’appoggio tacito di Chevron, Shell, TotalEnergies e BP, ha contestato questa decisione presso il Tribunale dell’Unione europea. Si attende il giudizio. Nel frattempo, il giornale ucraino filo-UE e filo-NATO “European Pravda” invita a trovare il modo di destinare quei denari alla ricostruzione dell’Ucraina.

La tassa sugli extra-profitti dovrebbe quindi servire, secondo il giornale, alla causa ucraina, anche facendo in modo che gli investitori europei escano totalmente dalle loro partecipazioni ad aziende russe e che vengano confiscati patrimoni russi all’estero e dati in qualche modo al governo ucraino.

Si rivolge in particolare ai quei governi che hanno mostrato maggiore vicinanza a Kiev, tra cui Polonia, Repubbliche baltiche e Finlandia, e quelli che fanno parte della Beyond Oil and Gas Alliance (Svezia, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo).