Esteri

Il mondo è in fiamme, ma sembra che nessuno se ne stia accorgendo o faccia qualcosa per spegnere l'incendio

Gli interessi geopolitici ed economici, talmente intrecciati tanto da essere complicato capire dove finiscano gli uni ed inizino gli altri, hanno causato una progressiva quanto rapida ed incontrollata crescita economica le cui risorse, però, non sono state equamente ridistribuite, creando così una maggiore ricchezza per chi già ne disponeva, un progressivo impoverimento per la classe media ed un peggioramento ulteriore delle condizioni di vita per chi già viveva in povertà.

Le proteste che da giorni interessano il Cile ne sono un esempio. Ma dall'altra parte del mondo, le cose non vanno meglio. In Medio Oriente, in Libano e Iraq, si protesta per gli stessi motivi... mancanza di lavoro, mancanza di servizi, mancanza di diritti...

In Cile si protesta contro l'iperliberismo dell'attuale governo che sta impoverendo la popolazione, in Libano ed in Iraq, ugualmente, si protesta per l'incapacità degli attuali governi di venire incontro alle necessità minime della gente. In precedenza, le divisioni etnico-religiose della popolazione libanese e di quella irachena avevano consentito ai rispettivi governi di mantenere lo status quo. La classe politica, insieme ad amici, parenti e finanziatori, era sempre riuscita ad accumulare ricchezza e potere a danno del popolo.

Per questo, neppure le divisioni religiose tra gli stessi musulmani, con sciiti e sunniti storicamente collocati su due fronti opposti, sono servite come contrasto alla protesta... la rabbia ha avuto il sopravvento.

Così, in Libano l'accordo di spartizione del potere tra cristiani, sciiti e sunniti che ha posto fine alla guerra civile che ha devastato il Paese dal 1975 al 1990, col tempo ha finito per trasformare quelli che una volta erano i signori della guerra in signori della politica, esperti del voto di scambio.

Se in un Paese dove la corrente elettrica te la devi procurare con un tuo generatore e l'acqua potabile è spesso un miraggio, persino una tassa sull'uso di WhatsApp, come è accaduto in Libano, finisce per essere la goccia che fa traboccare il vaso. In Cile, le proteste di piazza sono iniziate per un aumento del costo del biglietto dei trasporti pubblici.

Anche in Iraq è in vigore una spartizione del potere tra sciiti, sunniti e curdi. Spartizione che, anche in questo caso, ha generato corruzione invece che benessere, in un Paese che galleggia sul petrolio e sul gas. Una ricchezza di risorse naturali enorme, ma da cui la popolazione non trae alcun beneficio.

E così dopo le proteste di inizio ottobre, a Bagdad sono ripresi gli scontri che nelle ultime ore hanno causato la morte di 42 persone e, nonostante ciò, i manifestanti continuano la loro protesta in piazza Tahrir, nel pieno centro della capitale irachena.

Si protesta per le condizioni economiche anche in Ecuador, in attesa che l'Argentina insorga a causa di un probabile ennesimo default... se poi aggiungiamo le proteste per i diritti negati, allora dall'Egitto alla Russia possiamo arrivare fino alla Cina, con quanto sta accadendo ad Hong Kong.

E tutto questo senza neppure rammentare le numerose guerre che stanno devastando Africa e Medio Oriente.

In una situazione simile, non è possibile pensare che il nuovo ordine mondiale venuto a crearsi dopo la caduta del muro di Berlino sia il Paese di Bengodi... come tuttora qualcuno continua a sostenere. Il capitalismo, si era detto, aveva sconfitto il comunismo. Adesso che il comunismo, di fatto, non esiste più, stiamo assistendo all'autodistruzione del capitalismo che, incontrollato, ha iniziato a divorare tutto ciò che incontra e che, quando non avrà più nulla da mangiare, inizierà a divorare se stesso.

Ma prima che questo accada, la gente che non ha più nulla da perdere - come in Cile, in Libano ed in Iraq - scende in piazza, anche mettendo a rischio la propria vita. E qualcuno può credere, oggi, che quel tipo di proteste non si estenderà, prima o poi, anche ai paesi europei?

Autore Alberto Valli
Categoria Esteri
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