Mercoledì, durante la quotidiana conferenza stampa che da settimane si tiene nella sede della Protezione Civile sull'andamento del contagio da Covid-19, alla giornalista Angela Caponnetto, Rai News, che gli chiedeva  se fosse confermata la notizia di un decreto, licenziato qualche ora prima, in cui si dichiara che l'Italia si autodefiniva non essere più un "Place of Safety", porto sicuro, per poter sbarcare i migranti a causa della pandemia da coronavirus, il capo della Protezione Civile Borrelli rispondeva in maniera affermativa, aggiungendo che i migranti a bordo della Alan Kurdi non avrebbero potuto sbarcare in nessuno dei porti del nostro Paese.

Una logica, quella dei ministri dei Trasporti, degli Esteri, dell'Interno e della Salute che hanno firmato quel decreto che non può non lasciare perplessi, visto che in tal modo, i porti italiani dovrebbero essere chiusi per mesi e mesi così come - di conseguenza - anche quelli di tutti gli altri Paesi finora ritenuti sicuri... sia in Europa, che nel resto del mondo.

Ma allora una nave che ha soccorso dei naufraghi in mare non potrebbe più attraccare in nessun porto in qualsiasi parte del mondo e dovrebbe rimanere in mare per mesi, forse anni? Secondo chi ha preso una simile decisione parrebbe di sì.

Una decisione che, sia in base alla forma che ai contenuti, parrebbe dettata dall'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini. Pertanto, questo Governo non solo non ha cancellato - come promesso - le leggi vergogna del segretario della Lega, che continuano ad esistere, ma ha finito persino per applicarle  in modo più rigido rispetto a prima.


Della "follia" firmata dai ministri De Micheli, Di Maio, Lamorgese e Speranza si sono accorti subito alcuni parlamentari (tra questi Bartolo, Boldrini, De Falco, De Petris, Fattori, Fioramonti, Fratoianni, Nugnes, Orfini, Palazzotto) che ne hanno chiesto la revoca immediata:

"Il decreto emanato nella serata di ieri dai ministri dei trasporti, degli esteri, dell'interno e della salute che di fatto sospende la classificazione di Place of Safety (luogo sicuro) per i porti italiani, per i casi di soccorso effettuati da unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell'area Sar italiana, è sbagliato e incomprensibile.I porti non si chiudono mai, perché a nessuno e in nessun caso può essere negato il soccorso e la protezione dai rischi della navigazione.Siamo perfettamente consapevoli che, nell'emergenza sanitaria drammatica che la pandemia impone al nostro Paese e al mondo intero, la tutela della salute ha una assoluta priorità. Per questo, fuori da ogni approccio ideologico, pensiamo che sia necessario individuare ogni utile strumento a definire protocolli in grado di assicurare la sicurezza e la salute pubblica.Questo vale per i naufraghi salvati nelle operazioni di ricerca e soccorso (qualunque sia la bandiera della nave che li opera e la nazionalità delle persone soccorse), e, nello steso modo per le comunità costiere potenzialmente esposte a rischi di contagio.Per questo pensiamo che di fronte ad una situazione che, pur non registrando flussi particolarmente intensi non esclude la necessità di impedire che le persone perdano la vita nel Mediterraneo centrale, sia necessario e possibile mettere in atto un protocollo di sicurezza che garantisca la tutela della salute e l'efficacia della battaglia contro il virus, senza pregiudicare la nostra civiltà giuridica e la sicurezza di tutti.Chiediamo quindi al governo di revocare questo decreto e predisporre invece protocolli sanitari adeguati che, ove non sia possibile garantire a terra luoghi sicuri nei quali far svolgere la necessaria quarantena a chi sbarca, questa sia comunque applicata e garantita attraverso l’utilizzo di assetti navali adeguati ed in condizione di sicurezza".


Sconcerto e indignazione anche da parte delle ong che in questo momento non stanno neppure operando in mare:

"Le ONG Sea-Watch, Medici Senza Frontiere, Open Arms e Mediterranea esprimono la propria preoccupazione per la decisione del governo italiano di strumentalizzare la situazione di emergenza sanitaria per chiudere i propri porti alle persone salvate in mare da navi straniere, riferendosi ancora una volta, di fatto alle navi civili di ricerca e soccorso.Con un decreto il cui scopo evidente è quello di fermare le attività di salvataggio nel Mediterraneo, senza fornire alternative per salvare la vita di chi scappa dalla Libia, l’Italia ha privato i suoi porti della connotazione di “luoghi sicuri”, propria di tutti i porti europei, equiparandosi a Paesi in guerra o dove il rispetto dei diritti umani non è garantito e operando una selezione arbitraria di navi a cui l’accesso è negato.Sarebbe stato possibile trovare molte soluzioni diverse, conciliando il dovere di garantire la salute di tutti a terra con quello di soccorrere vite in mare, un dovere che non può mettere sullo stesso piano le navi di soccorso con le navi da crociera.In un momento in cui l’Italia chiede e ottiene solidarietà da parte dei suoi partner internazionali e delle stesse ONG per far fronte all’emergenza Covid-19, il governo dovrebbe mostrare la stessa solidarietà verso persone vulnerabili che rischiano la loro vita in mare perché non hanno alternative.Nessuna fra le organizzazioni firmatarie di questo comunicato è attualmente in mare con le proprie navi, dal momento che, proprio per adeguarsi alle misure sanitarie di prevenzione e risposta a Covid-19, stanno riorganizzando i propri assetti e operazioni.Siamo profondamente consapevoli della situazione di emergenza che tutti stiamo vivendo, tanto che, come noto, abbiamo messo tutti le nostre risorse e il nostro personale a disposizione del sistema sanitario italiano impegnato contro il Covid-19, al quale stiamo offrendo supporto in questa tragica emergenza.Noi non siamo in mare, ma lo è, insieme a 150 sopravvissuti a un naufragio fra i quali una donna incinta, una delle navi umanitarie battenti bandiera straniera alle cui attività si riferisce il decreto. L’emergenza sanitaria non intacca la necessità di trovare al più presto una soluzione dignitosa per Alan kurdi.Il decreto di fatto strumentalizza l’emergenza sanitaria, riprendendo l’impianto già utilizzato nel recente passato per ostacolare le attività di soccorso in mare, in un momento difficile in cui più che mai sarebbe necessaria un’assunzione di responsabilità a livello europeo per poter ottemperare all’obbligo di soccorso.Come già il Decreto Sicurezza Bis, anche questo strumento classifica come una minaccia l’ingresso di navi straniere che hanno salvato naufraghi nel mar Mediterraneo Centrale, reiterando il riferimento implicito alla responsabilità libica, o allo sbarco in Paesi lontani, contro la normativa internazionale.In questi giorni difficili l’empatia e la solidarietà verso il prossimo, soprattutto chi lotta per continuare a vivere e chi ha perso delle persone care, hanno permesso a tutti noi di restare forti. Proprio in un momento come questo la sofferenza di cittadini colpiti da un’emergenza sanitaria non può diventare motivo per negare un sostegno – che è anche un obbligo legale – a chi non perde il respiro su un letto di terapia intensiva ma annegando. Tutte le vite vanno salvate, tutte le persone vulnerabili vanno protette, a terra come in mare. Farlo è possibile e doveroso".


Adesso la parola al Governo... quello stesso Governo che aveva promesso di non ripetere le nefandezze umane e giuridiche di Matteo Salvini!