Tina, Ike, Nutbush e Alpi svizzere
Nutbush: stradoni, villette unifamiliari più o meno modeste ai lati, uno snodo di centrale con gli uffici pubblici, la chiesa battista, drugstore e, intorno, il silenzio dei campi del Tennessee; abitanti, nel 2000, circa trecento. Qui Ann Mae Bullock nasce il 26 novembre 1939, figlia di un pastore (in senso clericale), che qualche anno dopo divorzierà dalla madre della ragazza e una sorella, portando le tre a trasferirsi in Missouri, dove la giovane Ann conosce Ike Turner, originario (ma per gli americani è un aggettivo lasco) del Mississipi.
Più o meno ci hanno sempre detto che la coppia fosse sposata con due figli; che, dopo il divorzio, la grintosa ribattezzata Tina Turner avesse trascorso qualche anno a rimettere a punto la sua carriera, rinata da solista negli anni ottanta con gli esiti trionfali che conosciamo. Ogni tanto qualche articoletto riempitivo ci faceva sapere che la star era convinta buddista, del ramo oggi Soka Gakkai, e si era trasferita in Europa. Bella donna, muscolosa e fisicamente scatenata, si contrapponeva, nell’area black, alla grazia snob della filiforme Diana Ross. La ricordiamo nel 1979, ospite del programma italiano “Luna Park, mentre canta “Viva la money”, alquanto sfottuta da Beppe Grillo, poi ospite a Sanremo; registriamo la collaborazione degli anni novanta con Eros Ramazzotti, dato anche per suo flirt, ma certamente intimo al punto da indurla a presenziare alle nozze con Michelle Hunziker.
Oltre a deliziarci con la sua carica eroticamente rock da mistress, la diva ci ha raccontato più volte della sua difficile vita accanto all’ex marito violento, mentre si è chiusa in un doloroso silenzio al suicidio del figlio sessantenne Raymond Craig Turner, nel 2018 in California, che avrebbe (sempre a detta di lei) subito abusi dal patrigno.
A causa della nostra pesante anagrafe, però, noi ricordiamo altro e i conti non ci tornano proprio come dovrebbero. Proviamo a ricostruire.
Le date che si possono consultare non sono coerenti, in un’ottica tradizionale. Sembra dunque che Tina, già impegnata artisticamente con il talentuoso Ike, otto anni più grande, partorisca Raymond, rifiutato dal padre biologico, sassofonista della band della ragazza gravida; mister Turner gli da il cognome; nel contempo egli genera con Lorraine Taylor, a sua volta, dei figli coetanei del piccolo, Michael e Ike Jr, quest’ultimo adottato da Tina. La coppia, a un certo punto, si sposa (con lui forse non ancora formalmente libero) e nasce Ronnie, nel 1960. Grosso modo dovrebbe essere andata così, ma si accettano correzioni, ovvero: nel giro di due anni i due, evidentemente poliamorosi, scarpettano in giro, poi ricompattano e formano una famiglia unica, quasi coincidente con le rispettive individuali. Ci avete capito qualcosa?
Noi no, pertanto proseguiamo a tentoni. Il sodalizio professionale si rivela fecondo, tanto da produrre pezzi esplosivi come, appunto, Nutbush City Limits, galvanizzante schitarrata con la voce di lei che pare riportarci alle lande natie, da cui era rabbiosamente fuggita quando il padre aveva abbandonato la famiglia, ma… l’ensemble suona anche come una luciferina presa di distanza da orride atmosfere degli USA interni, stranianti, fucina di alienazioni irrimediabili. Il video che mostra le performance su palco di marito e moglie identificano lui come un fedele “basista”, al servizio della dea che canta.
Invece, una volta terminata la relazione privata e lavorativa, Tina le manderà a dire all’ex coniuge, sia quando egli era ancora in vita, che dopo la morte, avvenuta nel 2007, sembra per overdose. I media parlano pochissimo di lui, come a volerne cancellare la memoria: e noi non siamo d’accordo.
Ike era un valente musicista e compositore, dotato di una inconfondibile voce dai registri bassi, che più blues non si può; e sul repertorio comune si fondò lo slancio di Tina verso la produzione che le diede i successi da sola. Ciò che cir – confonde le acque sono le pesanti accuse da lei rivolte all’uomo come compagno di vita, e vediamo come sono nate. La base d’appoggio sono sempre autobiografiche e sappiamo che ognuno racconta la storia dal proprio versante.
A parlare, nel tempo, è quasi sempre la Turner, che ha conservato per ovvie ragioni il cognome già celebre, e lei inizia a screditare già quello, affermando che era stata obbligata dal consorte a prenderlo in arte: bon, sfortuna, non le ha portato di certo.
I guai, a suo dire, sono iniziati già dalla prima (?) notte di nozze, allorché il fresco sposo la trascinò a Tijuana ad assistere a orge e, d’altronde, gli piaceva parteciparvi spesso, creando un atmosfera da gang bang a rovescio, che sembra essere ben confluita nelle opere a due. Tijuana, lo ricordiamo, è una cittadina messicana, posta subito subito dopo il confine con la California, storicamente considerata dagli yankee una sentina di vizi, dove ben volentieri essi sono sempre andati, graditi ospiti, a sfogarsi, divorziare, abortire.
Ike, cocainomane scannato, l’avrebbe dunque obbligata a pratiche sessuali estreme, infliggendole percosse e perfino, in un’occasione, tirandole addosso caffè bollente che le scarnificò la cute. La Turner anticipò la fungibile Rihanna, quando la creola sarebbe stata pestata dal fidanzato rapper Chris Brown. Dai racconti arrivati in seguito, parrà la consueta scazzottata tra star giovani e imbalordite, dopo la solita festa al crack.
Il bruto Ike ha mai replicato? Poco, ci risulta, al massimo alludendo alla bisessualità di lei, a una certa propensione per i gigolò, preferendo però, di massima, quando intervistato, parlare sostanzialmente di lavoro. Da ultimo, era fresco sposo di una sua giovane corista, Audrey Madison, in quinte nozze ( Tina era stata la terza).
Tina accusa da anni gravi problemi di salute, che l’avrebbero condotta perfino alla dialisi, ben protetta dal marito svizzero, impalmato nel 2013: il produttore musicale, di sedici anni più giovane, Erwin Bach, che vive con lei nei pressi di Zurigo, il che le ha fruttato la cittadinanza elvetica, dopo aver rinunciato a quella statunitense.
Ci resta quell' unica e irripetibile musica.