La governance del PNRR è in capo al Mef e alle Amministrazioni competenti... ma anche no!
In merito ad articoli di stampa relativi ai rapporti in essere con la società McKinsey, si precisa che la governance del PNRR italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del MEF che si avvalgono di personale interno degli uffici.McKinsey, così come altre società di servizi che regolarmente supportano l’Amministrazione nell’ambito di contratti attivi da tempo e su diversi progetti in corso, non è coinvolta nella definizione dei progetti del PNRR.Gli aspetti decisionali, di valutazione e definizione dei diversi progetti di investimento e di riforma inseriti nel Recovery Plan italiano restano unicamente in mano alle pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia.L’Amministrazione si avvale di supporto esterno nei casi in cui siano necessarie competenze tecniche specialistiche, o quando il carico di lavoro è anomalo e i tempi di chiusura sono ristretti, come nel caso del PNRR. In particolare, l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano.Il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro +IVA ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti “sotto soglia”.Le informazioni relative al contratto saranno rese pubbliche, come avviene per tutti gli altri contratti del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza.
Questo il comunicato che il Mef si è visto costretto a diffondere nel pomeriggio di sabato per precisare motivi e termini della consulenza chiesta alla società McKinsey in merito alla stesura del piano per il Recovery Fund da presentare all'Europa, svelata qualche ora prima da numerose fonti di stampa.
La notizia aveva messo in subbuglio una parte della maggioranza, mentre nessuna reazione era arrivata dai liberisti/populisti di Italia Viva, Forza Italia e Lega.
Stupiti, perplessi, sorpresi, sconcertati... questi gli stati d'animo di molti dei rappresentanti di Pd, M5S, LeU, Maie... mentre l'unica forza politica di opposizione, FdI, si è limitata ad ironizzare: "È possibile – ha dichiarato Giorgia Meloni – che con tutti i ministri, viceministri, sottosegretari, capi dipartimento, capi uffici legislativi, task force, dirigenti, tecnici e funzionari dello Stato che abbiamo, il Governo Draghi debba affidare la stesura del Recovery Plan ad una società privata di consulenza?"
La successiva precisazione del Mef ha poi calmato le acque... almeno finché qualcuno non inizierà a leggere tra le righe del comunicato, soprattutto l'ultimo passaggio:
"In particolare, l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano".
Stando a quanto ci ha fatto sapere il ministero, la domanda che si è posta Giorgia Meloni rimane ancora valida. Inoltre, la precisazione del Mef dice tutto e nulla, non chiarendo quali siano i confini in relazione al "supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano", per il quale, a questo punto, non è da escludere che il Governo chieda a McKinsey ulteriori specifiche consulenze, rimanendo sempre sotto la soglia per l'affidamento diretto.
E qual è stata la forza politica che nulla ha avuto da ridire sulla questione? Ma Italia Viva, naturalmente.
Matteo Renzi, come è noto a tutti, aveva affilato i dentini per vomitare al tempo tutta la sua indignazione per il fatto che il governo Conte avrebbe affidato ad una commissione di tecnici non controllata dalla politica la verifica del PNRR (peraltro in base a ciò che chiede la Commissione Ue). Una cosa "inazzettabile", aveva dichiarato il senatore del contado fiorentino, aggiungendo che "è il Parlamento a dezidere e non i tecnizi".
E il silenzio assordante di Italia Viva che aveva preceduto la nota di precisazione del Mef, si è poi trasformato in un fiume di indignazione social quando questa è stata pubblicata, con la sequela delle dichiarazioni dei soliti renziani che come spesso accade si prendono a gomitate per farsi notare dal capo in modo da apparire più realisti del re. Ma su tutti, come sempre, svetta Davide "ciaone" Faraone, che ha sentenziato:
"Tacevano quando veniva realizzata una struttura con 300 consulenti e manager che sostituivano i ministri. Adesso che i ministri guidano i progetti del recovery plan e ai consulenti sono solo richieste elaborazioni veloci e fattibilità li senti sbraitare".
Morale. Il governo Draghi, finora, non ha fatto niente di diverso da quello che avrebbe fatto il governo Conte. L'unica differenza è che non c'è Conte a far ombra a certi politici i cui appetiti - secondo loro - sono più tutelati da Mario Draghi, come McKinsey insegna.